'Ehi George, è tutto qui quello che sai fare?'. Era l'ottavo round a Kinshasa, nello Zaire, del campionato mondiale dei pesi massimi. Era il 30 ottobre del 1974. Dopo otto riprese di 'rope-a-dope' in cui, quasi immobile alle corde, aveva apparentemente subito l'aggressività dell'avversario, Muhammad Alì sgusciò via, con un'incredibile combinazione ed un destro decisivo che misero al tappeto un avversario che sembrava invincibile. 'Rumble in the Jungle', probabilmente l'autentico 'combattimento del secolo' dei pesi massimi, tra i tanti che si sono presi questo appellativo, per molti aveva segnato lo spegnimento della stella di George Foreman e la consacrazione di Alì ad inarrivabile mito della boxe.

Ma tanti, anche lo stesso Muhammad Alì, quel giorno si sbagliarono clamorosamente. Perché Big George avrebbe stupito ancora il mondo della boxe, riscrivendone la storia. Evidentemente, sebbene quel giorno fu meritatamente sconfitto, sapeva fare molto di più. Oggi, 10 gennaio 2019, George Foreman compie 70 anni e può guardare indietro con soddisfazione alla sua carriera per aver realizzato un qualcosa ai limiti del possibile. Lui è il campione che visse due volte.

Un gigante dal pugno devastante

Il mondo lo conosce nel 1968, quando vince la medaglia d'oro olimpica a Città del Messico. Sul ring sventola in maniera patriottica la bandiera americana, un modo per dissociarsi da quelle che furono le Olimpiadi della protesta, quella di Smith e Carlos sul podio dei 200 metri.

Diventa professionista e nel 1972 conquista la cintura di campione del mondo, distruggendo letteralmente Joe Frazier. Viene considerato una macchina da guerra, è un gigante di 193 cm dotato di un colpo risolutore devastante: la leggenda racconta che Frazier venne sollevato 'mezzo metro da terra' dal suo pugno, visione romanzesca ed esagerata anche se Smokin'Joe al tappeto ci volò davvero.

Difende due volte il titolo, fino al confronto con Alì che, dopo 40 vittorie di cui 37 prima del limite, gli impone la prima sconfitta e gli fa conoscere il tappeto. Lui non accetta il verdetto inappellabile del ring, ma quel giorno sembrò davvero il fantasma di sé stesso, lento e prevedibile, 'vittima' ingenua e predestinata dell'intelligenza pugilistica dell'avversario.

Combatterà ancora per tre anni, anche se quel match sembra averlo segnato nel profondo. Si prenderà comunque la soddisfazione di mettere nuovamente k.o Joe Frazier nel 1976, l'anno dopo sarà sconfitto ai punti da Jimmmy Young, dopo aver subito un atterramento al 12° round e deciderà di appendere i guantoni al chiodo. Negli anni successivi ritrova la fede, diventa predicatore evangelico, ma la pace interiore sembra ben lontana come testimoniato da svariati matrimoni finiti in maniera turbolenta, caratterizzati da diversi figli.

La sua seconda vita sul ring

Nel 1987, mentre il mondo della boxe applaude il nuovo fenomeno Mike Tyson, il suo incredibile annuncio: "torno sul ring, per la mia missione di pastore di anime occorrono tanti soldi e se Dio è con me, combatterò fino a 45 anni".

Sono trascorsi dieci anni dal suo ritiro, Big George è calvo e visibilmente ingrassato. Sul ring si muove a malapena, ma il pugno non ha perso la sua potenza titanica. Disputa 24 incontri e li vince tutti, mette k.o anche l'ex sfidante iridato Gerry Cooney. Inevitabile la nuova chance mondiale, c'è un nuovo campione indiscusso e si chiama Evander Holyfield, mentre Mike Tyson è appena entrato nel tunnel con l'accusa di stupro che lo porterà a tre anni di carcere. Foreman viene sconfitto ai punti, ma di ritiro non vuole parlare. Disputa altri tre combattimenti, poi tenta nuovamente la scalata al titolo, stoppato nuovamente ai punti stavolta da Tommy Morrison nel 1993.

La riconquista del titolo

Nel 1994 ha 45 anni e 9 mesi, Dio lo ha sostenuto come lui diceva e gli è accanto per quello che potrebbe essere il suo ultimo match: ci sono due cinture iridate in palio e l'avversario è Michael Moorer che lo domina per dieci riprese, gli danza intorno, lo pizzica con il jab quasi ad irriderlo.

Foreman ha un occhio tumefatto dai tanti colpi subiti ed è una sorta di monolito che, però, quando manca poco più di 1' alla fine del 10° round entra improvvisamente prima con il gancio e poi con il montante destro nella guardia dell'avversario e lo stende. Così, a vent'anni di distanza, Big George torna campione del mondo dei pesi massimi, il più anziano della storia. La sua carriera si chiude praticamente qui, era il suo obiettivo. La WBA gli toglierà il titolo per il rifiuto di combattere lo sfidante obbligatorio Tony Tucker, successivamente dopo aver difeso la corona IBF dall'assalto di Axel Schulz, sarà privato anche di quella per aver rifiutato di concedergli la rivincita dopo un successo ai punti con verdetto non unanime.

Nel 1997, a 48 anni suonati, i suoi ultimi combattimenti: contro Lou Savarese, pugile di 17 anni più giovane, sconfitto anche in questo caso con verdetto non unanime. Poi la sconfitta con Shannon Briggs e la decisione di dire basta. Si ritira dopo ben 81 match da professionista con 76 vittorie (68 k.o) e 5 sconfitte e nessun rimpianto o, forse, soltanto uno: il mancato confronto con Mike Tyson. In America in realtà si rumoreggiò a lungo di questo nuovo combattimento del secolo, ma non se ne fece mai nulla. Un peccato, perché sarebbe stato suggestivo vedere di fronte due tra i più forti picchiatori della storia.

Big George nella cultura di massa

Sylvester Stallone ne ha tratto ispirazione per le vicende del suo celebre pugile cinematografico.

Foreman ha ispirato il personaggio di Clubber Lang in Rocky III e nel sesto film della saga, quello in cui il vecchio Rocky Balboa torna per sfidare il giovane campione Mason Dixon, viene addirittura citato: "Se il vecchio George Foreman ha scioccato il mondo con un pugno (riferendosi al match con Moorer) perché non può farlo anche il vecchio Rocky Balboa". Nel 2016, alla scomparsa del suo storico rivale Muhammad Alì, lo ha ricordato definendolo "il più grande di tutti i tempi". Un giusto tributo verso un campione che lo ha sconfitto, anche se lui è stato capace di dimostrare al mondo che si può vivere anche più di una vita. Oggi Big George spegne dunque 70 candeline: a lui vanno gli auguri ed un sentito grazie per aver esaltato, stupito e reso più grande il pugilato.