Un traguardo importante per un grande fuoriclasse del Tennis. Andre Agassi ha spento oggi, 29 aprile, le sue cinquanta candeline e il suo compleanno è stato parecchio celebrato dalla stampa. Del resto, stiamo parlando di un protagonista assoluto, vincitore di otto Slam (quattro volte trionfatore agli Australian Open, due volte ai US Open, una a testa al Roland Garros e Wilmbledon) e di complessivi 60 titoli Atp (il primo a Itaparica in Brasile nel 1987, l'ultimo alla Mercedes Benz Cup di Los Angeles nel 2005) e capace come la fenice di risorgere dalle sue ceneri, quando alla fine degli anni '90 era stato dato per finito ed è poi risorto, tornando ai vertici.

Tra i tanti ricordi di tennisti che lo hanno affrontato, particolarmente significato quello del nostro Paolo Canè che si misurò con lui al Roland Garros nel 1988 in quello che fu l'esordio major di Agassi. Aveva solo 18 anni e in quel giorno diede una severissima lezione al portacolori italiano. Canè ne ha parlato in un'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport.

'Con me ha giocato a ping pong'

Era per l'appunto il 1988, Agassi affrontò Canè al primo turno degli Internazionali di Francia e per l'italiano fu un vero incubo: tre set senza storia chiusi 6-4 6-1 6-2 dal talento statunitense. Agassi che sarebbe arrivato fino alle semifinali dove si sarebbe arreso al termine di una battaglia di cinque set al cospetto di Mats Wilander che avrebbe poi vinto il titolo.

"Lo conoscevo di fama - racconta Canè - aveva 18 anni ed aveva già vinto tornei sul cemento, ma sulla terra mi sentivo abbastanza sicuro. Non mi fece vedere palla, con me giocava a ping pong". Ciò che il tennista bolognese ricorda più nitidamente è lo stile di Agassi. "Io cercavo di rallentare il ritmo, ma mi prese a pallate, mi arrivavano missili.

Poi era impossibile spostarlo dalla linea di fondo".

'Dopo i problemi di metà anni '90 divenne un giocatore completo'

Secondo Paolo Canè, il gioco sfoderato da Agassi è stato assolutamente innovativo. "Il suo punto di forza era l'anticipo, i colpi rapidi e tesi quando avanzava, però non è stato solo un giocatore monocorde". L'ex azzurro di Coppa Davis, infatti, ricorda come lo statunitense fu in grado di evolversi, in particolare dopo la crisi che lo investì alla metà degli anni '90.

"Dopo quel periodo è diventato un giocatore completo: abile nell'utilizzare la smorzata, non cercava più di chiudere il punto dopo tre o quattro scambi, era in grado di far muovere l'avversario, veniva più spesso a rete. Inoltre migliorò nettamente il suo servizio". Ma non perse quella che - secondo Canè - era la sua caratteristica principale: "La sua risposta al servizio era straordinaria, per me è stata la migliore di tutti i tempi".