Esistono soggetti che prestano attività di Lavoro autonomo in maniera del tutto sporadica. Questi lavoratori rientrano nel perimetro di utilizzo del cosiddetto lavoro occasionale, cioè qualsiasi attività di lavoro caratterizzata dall’assenza di abitualità, professionalità e continuità e che spesso è una seconda attività. Il lavoro occasionale ha vincoli e requisiti particolari da rispettare e soggetto ad una tassazione fiscale particolare, ecco una guida.

Alternativa alla Partita IVA?

La materia è particolare e genera molti dubbi soprattutto dal punto di vista degli adempimenti fiscali a cui è tenuto il soggetto che intraprende una attività di questo tipo.

Spesso, il lavoro occasionale viene considerato un’alternativa alla Partita IVA, un modo per aprire attività professionali o commerciali, senza essere considerati professionisti o commercianti e quindi senza sottostare alle norme fiscali tipiche di queste categorie. La verità è che il lavoro occasionale offre vantaggi fiscali, ma non è esente da vincoli e limiti e soprattutto, non può essere il sostituto della Partita IVA quando un soggetto svolge l’attività.

Il vincolo dell’occasionalità è già un primo e forte limite e rientra nei vincoli qualitativi che definiscono il perimetro di queste attività. Il Jobs Act di Renzi ha modificato molti aspetti di queste attività, cancellando di fatto le norme che consideravano occasionale quel lavoro svolto per non più di 30 giorni all’anno con uno stesso committente (colui che usufruisce dell’opera del lavoratore) e per compensi non superiori a 5.000 euro per commessa.

Dal punto di vista normativo, oggi resta solo l’articolo 2222 del Codice Civile che prevede il contratto d’opera.

Tasse e imposte

Abbiamo detto, mancanza di continuità e abitualità, prestazione di lavoro prevalentemente propria del lavoratore e nessun vincolo di coordinamento tra il lavoratore e colui che ne chiede l’operato.

In definitiva, accanto al proprio lavoro, sia autonomo che da dipendente, un soggetto può svolgere questa seconda attività. Il soggetto dal punto di vista della tassazione è tenuto a rilasciare una ricevuta non fiscale. Nel documento, vanno indicati, oltre ai dati anagrafici delle due parti (lavoratore e committente), anche la durata prevista del lavoro, il corrispettivo lordo, la ritenuta di acconto e il corrispettivo netto.

Va ricordato che nel caso di lavoro occasionale, la ritenuta di acconto è fissata al 20% del compenso lordo pattuito tra le parti, ma solo se il committente è sostituto di imposta, cioè una impresa, anche individuale, una società, una cooperativa e così via. Sulla ricevuta va applicata anche la marca da bollo da 2 euro che per il 2017 è obbligatoria su importi superiori a 77,47 euro. I compensi ricevuti per queste attività vanno inseriti nelle dichiarazioni dei redditi, sia con il 730 o con il Modello Unico (da quest’anno lo hanno ribattezzato Modello Redditi Persone Fisiche). Essi rientrano nei redditi diversi e vanno indicati al lordo come importi e inserendo nella dichiarazione, la ritenuta di acconto subita in modo tale da non pagare due volte l’imposta.

Per soggetti che hanno redditi esclusivamente da lavoro occasionale, la dichiarazione dei redditi non è obbligatoria se il totale dell’attività non supera i 4.800 euro annui. In ogni caso però è sempre meglio presentare dichiarazione perché per il lavoro svolto, molto probabilmente, il committente lo inserirà nella propria dichiarazione per chiedere il credito di imposta derivante dalla ritenuta di acconto. In questo caso, la dichiarazione presentata dal lavoratore completerebbe senza ostacoli la tassazione di quell’opera sia da parte del Committente che del lavoratore. Dal punto di vista dei contributi INPS, il lavoro occasionale prevede l’iscrizione alla Gestione Separata INPS per volume di affari superiore a 5.000 euro lordi (al di sotto niente obblighi di versamenti). I contributi vanno versati solo sulla parte eccedente i 5.000 euro che quindi fungono da franchigia.