Il 30 giugno 2020 scatterà la scadenza ultima per saldare una serie di adempimenti fiscali: l'elenco è sterminato, si va dall'acconto Imu 2020 alla Tobin tax passando per il versamento IVA a debito tramite Modello F24 e il pagamento da parte dei soggetti committenti dei contributi relativi alla gestione separata INPS.
Le Tasse devono pagarle gli italiani ma a dover smaltire una mole di lavoro sopra la norma saranno i commercialisti. Sono proprio le nove associazioni sindacali di categoria (Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Ungdecc e Unico) ad aver richiesto al governo l'opportunità di valutare una proroga.
L'appello è stato inviato a Parlamento e Ministero dell'Economia. Il riordino viene considerato necessario per evitare il caos.
Le proroghe da lockdown influiscono sul grande numero di scadenze
Anche in un anno fiscale ordinario la deadline del 30 giugno rappresenta una data clou per diverse imposte. Per il 2020 il giorno è diventato anche la destinazione ideale per tutte le scadenze prorogate in ragione della crisi economica innescata dal nuovo coronavirus. A rischiare di pagare un prezzo altissimo sono soprattutto i commercialisti, impegnati a far fronte a moltissimi adempimenti fiscali. Basti, ad esempio, pensare alla necessità di smaltire le pratiche legate alla cassa integrazione o gli adempimenti finalizzati ad ottenere finanziamenti garantiti dal decreto Liquidità.
Il Governo ha esigenze di cassa da valutare
L'invito, però, sembra non essere destinato a ricevere una risposta positiva da parte del governo. In particolare Il Sole 24 ore segnala le parole di Roberto Gualtieri da ospite da Porta a Porta. Il Ministro dell'Economia, interloquendo con Bruno Vespa, ha inteso sottolineare come il decreto Rilancio abbia cancellato il saldo 2019 e fatto slittare al 16 settembre la ripresa dei versamenti Iva (eventualmente anche rateizzabili) per i mesi di marzo, aprile e maggio.
Scelte messe in evidenza quasi a voler negare l'ipotesi che possano esserci ulteriori misure. Ad oggi le casse dello Stato paiono dunque avere una situazione in cui le esigenze di introitare rimangono al di sopra della richiesta dei commercialisti.
A lavorare di più saranno loro, ma a pagare saranno i cittadini. Per loro l'unico spiraglio possibile sembra essere quello di una possibilità di rateizzazione delle scadenze per le attività economiche che, a causa del lockdown, hanno subito un importante calo del proprio fatturato.
Occorrerà, in ogni caso, valutare se esisteranno i margini economici affinché lo Stato abbia modo di concedere una dilazione destinata ad arrivare nel 2021.
Le istanze dei commercialisti portate in Parlamento sono state respinte nel voto per il Decreto Rilancio nella Commissione omonima della Camera. Toccherà, comunque, al governo avere l'ultima parola.
Non resta che attendere per capire cosa accadrà e se l'esecutivo di Giuseppe Conte troverà il modo di individuare una soluzione.