A distanza di un paio di settimane dalle ultime indiscrezioni che avrebbero voluto Stati Uniti e Cina attivamente coinvolti nelle sperimentazioni sul cosiddetto EmDrive, è giunta la tanto attesa peer review del sistema di propulsione. Una peer review consiste nella verifica, condotta da enti la cui autorità nel settore coinvolto sia riconosciuta, di progetti di ricerca, pubblicazioni e articoli. In questo caso la convalida porta la firma dell’Eaglework Laboratory della NASA. Pubblicata per il Journal of Propulsion and Power dell’American Institute of Aeronautics and Astronautics, la peer review ha anche confermato la validità dei risultati ottenuti nel corso dei precedenti test.

La prova nel vuoto ha infatti riprodotto il risultato di 1,2 Millinewton per kilowatt che era stato ottenuto in occasioni precedenti. Alla luce delle critiche mosse, e dei falsi positivi risultanti da alcune sperimentazioni sull’EmDrive, nella pubblicazione disponibile online è anche chiaramente specificato il fatto di aver preso in considerazione diverse possibili fonti di errori.

Un dispositivo controverso

Per chi non fosse al corrente del percorso che ha portato alla peer review, e del motivo per cui questa ricopra una posizione fondamentale nel processo di accettazione scientifica di questa specifica invenzione, il motivo per cui l'EmDrive fa tanto parlare di sé, sta nel fatto che apparentemente il suo funzionamento contrasterebbe con la terza legge di Newton, secondo la quale a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Nel caso dei sistemi propulsivi basati sulla combustione di liquidi, solidi o gas, il propellente rappresenta l’energia potenziale che viene liberata proprio attraverso la combustione. Grazie a questa viene generata una spinta da una parte, e scarti sotto forme diverse dall'altra (come per esempio il più classico tra i gas di scarico, ossia quello delle macchine).

Nel caso dell’EmDrive invece, all’azione di spinta non corrisponde un “prodotto di scarto”, e inoltre non viene usato alcun propellente in senso stretto. Il funzionamento sarebbe infatti garantito (e questo rappresenta forse il punto più controverso della questione) dallo spostamento di elettroni sotto forma di microonde all’interno di una cavità metallica conica.

L’utilizzo di elettroni, ricavati dall’energia solare, renderebbe l’EmDrive un sistema di propulsione idealmente perfetto per i viaggi spaziali all’interno del sistema solare.

Competitors e piani per il futuro

Dal punto di vista dell’efficienza, l’EmDrive non può ancora dirsi all’altezza dei tradizionali motori a combustione. Per esempio i propulsori Hall generano 60 millinewton per kilowatt, il che li rende “superiori” di un ordine di grandezza rispetto all’EmDrive, anche se questo fattore viene compensato dal peso elevato degli Hall, e dal fatto che questi necessitino di rifornimenti costanti. D’altro canto, gli altri sistemi di propulsione che non fanno uso di propellente in senso stretto, come per esempio le vele solari o quelle alimentate da laser, si collocano a tre ordini di grandezza più in basso, producendo una forza di circa 6,7 micronewton per kilowatt.

Tuttavia l’intenzione dietro i test che hanno portato alla peer review non era quella di comparare i diversi sistemi, quanto semmai quella di verificare l’effettivo funzionamento dell’EmDrive, il che lascia spazio a futuri miglioramenti. Potrebbe pertanto cominciare a prendere forma l’idea dell’inventore dell’EmDrive, Roger Shawyer, di utilizzare il suo sistema di propulsione per andare su Marte. Stando a quanto sostenuto da Shawyer, il tempo necessario a portare a termine il viaggio potrebbe ridursi fino a 70 giorni. Nonostante rimangano ancora molti aspetti da chiarire, i risultati ottenuti dall’Eaglework Laboratory costituiscono un fondamentale precedente per portare avanti la ricerca su sistemi di propulsione senza propellente come l’EmDrive.