A nemmeno un mese dalla tanto attesa peer review dell’Eaglework Laboratory della NASA, arriva una possibile battuta d’arresto sul cammino dell’EmDrive. Il risultato di 1,2 millinewton per kilowatt, ottenuto nei test della NASA, sembrava aver confermato i precedenti esperimenti, ma Brice Cassenti, un esperto in sistemi di propulsione avanzata, in un’intervista rilasciata a UConn Today, sostiene che la peer review non costituisca una prova definitiva del funzionamento del dispositivo.

Il giro di boa della peer review

Per chi non ne fosse al corrente, è bene ricordare che una peer review consiste nella verifica, da parte di enti la cui esperienza in un settore specifico sia globalmente riconosciuta, di una pubblicazione o del risultato di una ricerca.

In questo caso, a essere messo in discussione, è il concetto sul quale è stato sviluppato l’EmDrive, in quanto il suo funzionamento sembrerebbe violare la Terza Legge della termodinamica newtoniana secondo la quale a ogni azione corrisponde una reazione.

Gli scettici

Cassenti ha esordito dicendo che “molti scienziati e ingegneri hanno la sensazione che le misurazioni della spinta propulsiva dell’EmDrive siano in realtà dovute a errori sperimentali. Va aggiunto che coloro che ritengono che i risultati siano validi, non hanno allo stato attuale alcuna spiegazione fisica plausibile del fenomeno, né teorica né empirica. Personalmente ritengo che ci sia una spiegazione più terrena” (TdR). Nonostante sia al corrente del fatto che molte potenziali fonti di errore siano già state prese in considerazione durante i test, Cassenti sostiene che alcuni punti critici, come per esempio il surriscaldamento da passaggio di corrente, e il corrispettivo fenomeno di dilatazione, siano possibili cause di deviazione dei risultati molto difficili da eliminare del tutto.

Inoltre, sostiene Cassenti, dopo la revisione, nessun altro test ufficiale è stato portato a termine, e aver passato la peer review significa principalmente che i presupposti della ricerca erano ragionevoli, e che allo stato attuale non c’è alcuna garanzia sull’effettivo funzionamento.

E Newton?

L’esperto di propulsione afferma che, se dovesse essere dimostrata la validità dei risultati, questo fatto rappresenterebbe un punto di svolta per quanto riguarda la nostra concezione della fisica.

Questo è anche il motivo principale per cui questa invenzione fa così discutere di sé. Cassenti infatti afferma che “se i risultati sono validi, ciò porterebbe a pensare a una fisica di tipo nuovo. È già stato mostrato come le leggi di Newton non si applichino ad alte velocità relative (campo d’indagine della relatività ristretta), in presenza di forti campi gravitazionali, e con molecole di scala molto ridotta.

Ma Newton ha ragione nella maggior parte dei casi. Ci sono certamente molti aspetti della fisica che non capiamo. Ci sono aspetti così misteriosi che non sappiamo nemmeno da dove cominciare!” (TdR).

Perché i test nello spazio?

Un test nello spazio potrebbe fornire la prova definitiva per dimostrare che la spinta propulsiva è effettiva e che le misurazioni non sono dovute a errori. Lo spazio fornirebbe una condizione di vuoto ideale, e l’accelerazione potrebbe essere misurata senza interferenze. Tuttavia, puntualizza Cassenti attraverso UConn Today, “le missioni spaziali sono dispendiose – con un costo di circa 10000 dollari per spedire una libbra di materiale (circa 0,45 kg, NdR) in orbita. Forse prima sarebbe meglio provare a trovare sperimentalmente una causa per la spinta misurata” (TdR). Secondo Cassenti ci sono buone probabilità che nei prossimi mesi venga trovata una spiegazione più razionale, ma ciò non toglie che sia ancora possibile che l’EmDrive funzioni davvero.