Reporter, attrice, conduttrice radiofonica e volto di Striscia la Notizia, Rajae Bezzaz da anni porta avanti battaglie di inclusione e diritti, senza mai perdere solarità e determinazione. Nata in Libia, cresciuta tra Marocco e Italia, ha fatto del racconto e della diversità il filo rosso della sua carriera. In attesa di rivederla a novembre con le novità di Striscia, Blasting News l'ha contattata per parlare di progetti, impegno sociale e nuove sfide.
Raje: 'Cerco di prendere il meglio dalle mie origini'
Rajae, la sua vita è stata un vero road movie: Libia, Marocco, Italia… Quanto hanno inciso queste radici diverse nella donna e nella professionista che è oggi?
'Hanno inciso tantissimo, sono il frutto di quello che sono. Se fossi rimasta chiusa nel mio ghetto spirituale e culturale, non avrei mai potuto assaporare ciò che l’incontro con l’Italia mi ha saputo regalare. Cerco di prendere il meglio dalle mie origini, dalla mia gente e inglobarlo con il mio retaggio italiano. Ed è proprio sulla base di questo che cerco di invitare all’apertura reciproca. Devo dire che con questo “mash-up” vivo molto bene, magari ci sono delle contraddizioni che possono coesistere tranquillamente, senza paura. E se non vengono eventualmente comprese basta spiegarle, dialogare con gli altri'.
Sua nonna la iscrisse a un corso di teatro da bambina: possiamo dire che lì è iniziato tutto?
'Si, ho iniziato da bambina con la recitazione, a 5-6 anni. In Marocco frequentavo questo centro dove facevamo teatro, musica, lavori di gruppo. Mia nonna preferiva seguissimo questo percorso, piuttosto che stare in giro per strada o andare in gita nel weekend perché in quel luogo era sicura che non sarebbe accaduto nulla di male. Ha trasmesso sia a me che a mia sorella la passione per il teatro, anche se poi mia sorella ha intrapreso la strada della moda e design. Posso dire che grazie a nonna ho sviluppato un grande amore per la comunicazione, per il palco, per il pubblico, per la condivisione e per tutti i mezzi che possono sensibilizzare su certi temi e far arrivare quelle storie, quelle voci di non ha voce'.
Reporter, attrice, doppiatrice, inviata di Striscia la Notizia: qual è il ruolo in cui Rajae Bezzaz si sente più a casa?
'Tutti! C’è un fil rouge che collega tutti questi “ruoli” e i progetti ai quali mi dedico in quanto cerco sempre di trattare argomenti, situazioni che ho a cuore. Ognuno ha il suo linguaggio comunicativo, è vero, ma ci si può tranquillamente adattare. Non c’è una forma espressiva che prediligo rispetto ad un’altra. Chissà, forse è dovuto al fatto di essere ‘figlia di più culture’. Spero di riuscire bene in quel che faccio, soprattutto perché si tratta di un lavoro che in primis svolgo su me stessa. Mi permette di crescere, di conoscere e di comprendere, e soprattutto di farlo in compagnia di persone che seguono e interagiscono con quello che faccio.
Non a caso, ogni strumento ha il suo pubblico, che sia radio, social, tv o cinema e spesso ognuno di essi si incontra, dando vita ad un canale di comunicazione tra mezzi che possono sembrare diversi, ma che in realtà hanno molto in comune. Unire, creare un contatto tra differenti contesti culturali e religiosi, e in questo caso anche comunicativi, è nella mia natura e mi impegno a farlo utilizzando tutti gli strumenti che mi vengono messi a disposizione e che mi permettono così di raggiungere anche un pubblico molto più ampio'.
Bezzaz': 'Avere la possibilità di amplificare messaggi importanti ha sempre fatto parte di me'
A novembre tornerà a Striscia con tante novità: può anticiparci qualcosa del suo contributo e di come vivrà questa nuova stagione?
'L’unica risposta che mi sento di dare è Inshallah, che tradotto significa “Se Dio vuole” o “Come Dio vorrà”'.
Nei prossimi mesi usciranno due progetti cinematografici importanti: Vitaminee Sirens. Che Rajae vedremo sul grande schermo?
'“Sirens” di Valter D’Errico, un corto girato in Abruzzo, parla di un tema sempre attuale, quello degli sbarchi illegali. Interpreto una mamma siriana in cerca di un futuro migliore per se e per il suo bambino. Tra poco riprenderanno anche le riprese del lungometraggio “Vitamine” di Andrea Castoldi che tratta invece il tema del tempo. Sono progetti diversi tra loro, ma entrambi mi hanno permesso di sperimentare lati nuovi di me e di crescere'.
Il 24 ottobre sarà protagonista all’evento charity di Feminin Pluriela Firenze, dopo essere stata madrina della Fondazione Rava.
Per lei quanto è importante usare la propria voce e popolarità per sostenere cause sociali?
'Dare voce a chi non ha voce, avere la possibilità di amplificare messaggi importanti ha sempre fatto parte di me, del mio dna. Già da bambina ero contro le ingiustizie, è qualcosa che ho ereditato dalla mia cultura e dalla mia famiglia. Mi hanno insegnato che nessuno deve essere lasciato indietro e che bisogna preoccuparsi del prossimo. Spesso vivere in modo così altruista ed empatico non è facile in un mondo che va al contrario e che premia altro. Ma credo che in qualche modo si deve rendere indietro quello che abbiamo ricevuto. Contribuire nel mio piccolo a fare qualcosa di buono, senza avere la pretesa di cambiare il mondo, ma se si ha la possibilità di provarci, dobbiamo farlo, sempre e comunque'.
'Per me la diversità è tutto'
Nelle sue battaglie torna sempre il tema della diversità. Cosa significa per lei oggi “essere diversa” e perché è un valore?
'La diversità per me è tutto, è qualcosa che ti permette di avere una visione molto più ampia, una conoscenza della realtà differente rispetto all’ordinario. Integrarsi, mescolarsi nei rapporti, ma anche nelle amicizie, nel lavoro, vita privata significa per me non avere dei preconcetti, lasciare la libertà di ricrederci su determinati aspetti, perché non nasciamo con questi retropensieri e purtroppo abbiamo paura ed è naturale in quanto esseri umani, ma una volta che abbiamo preso il coraggio dobbiamo cercare di lavorare in ambienti diversi dalla nostra confort zone, farci delle domande, fermarci a scambiare qualche parola anche con chi è “diverso”.
Sono tutti elementi che secondo me favoriscono l’inclusione e il superamento delle barriere, senza però cambiare o snaturare quello che siamo perché siamo tutti unici nelle nostre diversità ed questo il vero valore che non va perso'.
È una portavoce delle donne e di chi non ha voce. Quanto c’è ancora da fare in Italia e nel mondo per una vera parità di genere?
'Bisogna continuare a fare, nonostante qualche miglioramento, ancora le donne si portano dietro diversi pesi, fuori e dentro casa, senza parlare delle discriminazioni che ancora persistono anche nello scegliere tra avere una famiglia o portare avanti una carriera. E poi, ancora il divario salariale. Le donne continuano a scontrarsi con ostacoli strutturali che limitano l’accesso a impieghi stabili, alle opportunità di carriera e ai ruoli di leadership.
Devono sempre lottare, dimostrare il doppio, quando magari bisognerebbe avere tutti una maggiore sensibilità e solidarietà, facendo anche dei sacrifici condivisi e perché no, lasciando spazio a figure che lavorino insieme, di pari passo! La strada è ancora lunga ed è un processo che richiede una continua evoluzione affinché si raggiungano risultati concreti'.
'Viva il cambiamento, viva i coraggiosi!'
Spesso le sue inchieste hanno toccato argomenti complessi e delicati. Ha mai avuto paura o la voglia di mollare?
'Paura no, ma di portare a casa la pelle sia mia che dei miei collaboratori, oltre al nostro materiale e ciò che abbiamo documentato, si! Mollare non ci penso neanche, se dovessi farlo è perché non ho più quell’attenzione e sincerità che mi contraddistingue nel fare questo lavoro che amo.
Poi ognuno deve fare i conti con i propri limiti'
In questi giorni il conflitto Israele–Palestina torna tristemente al centro della cronaca. Lei che ha radici nel Mediterraneo, come vive questa situazione e cosa pensa sia mancato finora nel dialogo internazionale?
'Credo che si siano chiusi gli occhi per troppo tempo, stiamo assistendo ad un genocidio. Oggi più che mai, in un mondo dove tutto corre veloce, serve un’informazione accurata, servono voci libere, preparate e oneste. Raccontare la Palestina significa raccontare anche il nostro modo di guardare il mondo. C’è una responsabilità enorme nel dare la parola a chi troppo spesso viene silenziato'.
Crede che l’arte, i media e la comunicazione possano avere un ruolo reale per promuovere pace e comprensione tra i popoli?
Per me il dialogo è l’unica arma efficace per abbattere qualunque muro. La reciprocità ritengo sia necessaria. Cercare costantemente lo spunto per un dialogo è un’occasione per dare all’altro una nuova prospettiva, tentando di mostrargli la realtà sotto punti di vista inediti. Tutti questi aspetti assumono un ruolo significativo anche verso quei messaggi che altrimenti non arriverebbero mai o farebbero fatica. L’arte, i media e la comunicazione devono e possono avere questo ruolo essenziale di coesione interculturale e religioso. Viva il cambiamento, viva i coraggiosi! La storia insegna'.
Se dovesse scegliere una delle tante città in cui ha vissuto come “casa del cuore”, quale sarebbe e perché?
'Ostuni, la città bianca perché assomiglia molto al mio paese di origine, il Marocco. Ma anche per i valori che trasmette, la bellezza, l’ospitalità, l’ arte e la natura. Un luogo molto amato dalla sua gente e impossibile da non amare da chi viene dall’esterno. Adoro il bianco calce pugliese, il cielo blu e il cibo inconfondibile della Valle d’Itria'.
Lei dice spesso: “Non perde chi non ce la fa, ma chi non ci prova neanche”. Cosa sogna ancora di provare Rajae Bezzaz nei prossimi anni?
Sogno di continuare ad essere felice ed avere intorno a me persone insieme alle quali crescere, evolvere e volersi bene. La gentilezza ma anche l’empatia, l’onestà, la coscienza, devono essere allenate quotidianamente e con costanza. Il mondo è bello ed è bello, giusto crederci senza farsi abbattere dalla bruttezza delle situazioni o da chi ci vuole far rimanere indietro. Io non mollo'.