Potrebbero essere rimasti solo dodici anni per evitare un disastro climatico che porterebbe a scenari apocalittici. Lo dice l'ultimo rapporto dell'ONU sul riscaldamento globale, diffuso ieri, ad opera del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC). Secondo gli studiosi, è necessario mantenere il riscaldamento globale non oltre la soglia degli 1,5 gradi in più rispetto ai livelli preindustriali, attuando importanti cambiamenti, altrimenti si raggiungerà un punto di non ritorno che porterà probabilmente a conseguenze catastrofiche.

L'allarme del rapporto Onu-Ipcc

A Parigi nel 2015 c'era stato un accordo tra i governi per mantenere il riscaldamento globale "ben al di sotto dei 2°" come obiettivo a lungo termine, puntando a limitare l'aumento a 1,5°.

Gli scienziati spiegano, però, che quel mezzo grado in più o in meno farebbe una notevole differenza. Attualmente la temperatura globale è superiore di più di un 1 grado rispetto a quella dei livelli preindustriali, e con il livello odierno di emissioni si potrebbe superare la soglia tanto temuta del grado e mezzo già entro il 2040. Per questo motivo l'IPCC richiede una trasformazione di velocità e portata "senza precedenti storici".

Sfortunatamente i governi mondiali non sono di grande aiuto: il presidente Trump ha ribadito più volte di voler ritirare gli USA dall'intesa e probabilmente Jair Bolsonaro, in vantaggio nelle elezioni presidenziali brasiliane, lo imiterà.

Anche la Cina di Xi Jinping, che pure aveva intrapreso un percorso di attenzione nei confronti dell'Ambiente, forse sceglierà di mettere in secondo piano il problema del riscaldamento globale a causa della frenata della sua economia.

Le conseguenze del superamento degli 1,5°

L'avvertimento del rapporto dell'Onu non rappresenta semplice allarmismo, ma ha basi scientifiche ben solide.

Soprattutto, mira a evitare scenari apocalittici che potrebbero divenire concreti: sarebbero infatti numerose le differenze tra la soglia degli 1,5 gradi e quella dei 2. Innanzitutto,se l'aumento di temperatura raggiungesse i 2° vedremmo un pericoloso incremento di povertà, che colpirebbe centinaia di milioni di persone. Dovremmo, inoltre, sopportare un maggior numero di giornate estremamente calde, così come dovremmo essere pronti a far fronte a un numero sempre maggiore di incendi che già ora, durante l'estate, colpiscono varie parti del mondo, com'è successo nel luglio scorso in Grecia.

Inoltre, l'innalzamento dei mari sarebbe più elevato.

Un altro problema riguarderebbe poi la natura. Gli insetti e le piante e le piante hanno quasi il doppio delle probabilità di perdere la metà del loro habitat a 2° rispetto a 1,5° e anche il 99% dei coralli scomparirebbe. Tutto ciò accadrebbe in misura ben minore se si tenessero le temperature sotto la soglia degli 1,5°.

Le vie d'uscita

L'allarme lanciato non deve però far credere che sia troppo tardi per agire. Durante la riunione dell'IPCC sono state esposte le possibili soluzioni al problema. Prima di tutto, sarebbe necessaria un'ampia opera di riforestazione. Inoltre è necessaria una riduzione del 45% delle emissioni di anidride carbonica entro i 2030 e del 100% entro il 2050.

Parallelamente, le fonti rinnovabili dovrebbero riuscire a coprire il 67% nel mix energetico. Viene suggerito anche di introdurre una tassa sull'anidride immessa nell'atmosfera, con un prezzo tra i 135 e i 5.500 dollari per tonnellata. L'IPCC avverte che non fare nulla avrebbe conseguenze ben peggiori. Infine, importante diventerebbe una maggiore adozione della tecnologia di cattura del carbonio.

"Abbiamo messo i governi di fronte a scelte piuttosto difficili. Abbiamo illustrato gli enormi benefici di mantenersi sotto gli 1,5 gradi, e anche il cambio senza precedenti nei sistemi energetici e nei trasporti che sarebbe richiesto per raggiungere tale obiettivo", ha detto Jim Skea, co-presidente del gruppo di lavoro. "Abbiamo fatto il nostro lavoro, abbiamo trasmesso il messaggio. Ora spetta ai governi, è loro responsabilità agire".