L'Ordinanza del Riesame del Tribunale di Torino conferma come la posizione di Michele Buoninconti si faccia giorno dopo giorno sempre più difficile. Oltre agli indizi dei quali si è parlato fin dall'inizio, tra i quali la terra del rio Mersa presente nei vestiti della donna e l'analisi delle celle telefoniche, il quadro accusatorio sembra essere particolarmente ricco di dettagli molti dei quali svelati dallo stesso vigile del fuoco. Dalle sue stesse parole emerge infatti che difficilmente Elena Ceste avrebbe potuto uscire dal cancello di casa, in un evidente stato confusionale (come da lui affermato) senza il telecomando per aprirlo elettronicamente.

Ma perché tale apparecchio non era in possesso della donna?

Confutata la tesi della difesa riguardante il suicidio della donna

Il Tribunale del Riesame di Torino ne è certo, così come gli inquirenti che da più di un anno si occupano del caso di Elena Ceste: la mamma di Costigliole d'Asti non avrebbe mai potuto uscire di casa da sola per recarsi nel rio Mersa e lì suicidarsi, come vorrebbe la tesi della difesa di Michele Buoninconti. E' stato lo stesso vigile del fuoco a raccontare, infatti, che la moglie non era in possesso del telecomando per aprire il cancello elettronico di casa. Lui stesso lo aveva portato con sé mentre accompagnava a scuola i bambini poiché quello da lui solitamente usato non funzionava bene.

L'unico modo per aprire il cancello sarebbe stato quello di schiacciare un pulsante posto in un luogo rialzato e quindi difficilmente raggiungibile ad una persona instabile come avrebbe dovuto essere Elena quel mattino.

Dunque Elena non sarebbe mai potuta uscire dal cortile di casa e se anche, per assurdo, lo avesse fatto i cani molecolari avrebbero sicuramente fiutato le sue tracce.

Ma le indagini svolte nei giorni immediatamente successivi a quel tragico 24 gennaio 2014, hanno piuttosto rivolto l'attenzione dell'unità cinofila verso la direzione opposta, confermando che mai Elena avrebbe potuto incamminarsi da sola verso il canale di scolo di Isola d'Asti. Confutata la tesi della difesa di Michele Buoninconti, l'omicidio resta l'unica pista da seguire e l'uomo l'unico possibile assassino.