Le dinamiche della mafia in provincia di Trapani, il "feudo" del boss latitante Matteo Messina Denaro, "riflettono marcatamente l'evoluzione criminale della provincia di Palermo. Infatti, l'alleanza tra i sodalizi palermitani e quelli trapanesi fonda le proprie radici non solo nel perseguimento di obiettivi comuni secondo piani d'azione condivisi ma anche legami di amicizia personali intercorrenti tra i vari capi". E' quanto emerge dalla relazione della Dia relativa al primo semestre 2015 consegnata nei giorni scorsi al Parlamento dal ministro dell'Interno Angelino Alfano.

La mafia nel Trapanese riflette l'evoluzione criminale della provincia di Palermo

"Il modello verticistico-piramidale consente l'imposizione di strategie unitarie comunque pretese a coprire e sostenere la latitanza di Matteo Messina Denaro, ritenuto punto di riferimento del sistema criminale non solo provinciale. Tale unitarietà di azione è rilevabile anche in campo economico con una spiccata ingerenza in vari settori dell'imprenditoria". Secondo la "radiografia" fatta dalla Direzione Investigativa Antimafia, Cosa nostra trapanese sarebbe attualmente strutturata in 4 mandamenti che comprendono complessivamente 17 famiglie. "La guida dei mandamenti - si legge nella relazione della Dia - risulterebbe saldamente nelle mani dei vecchi esponenti detenuti o latitanti, mentre più fluide risultano le altre posizioni di comando (reggenti e capifamiglia) anche per effetto di arresti da parte delle forze di polizia".

"La pressione mafiosa si manifesta - spiega la Dia - attraverso atti intimidatori e danneggiamenti ai danni di commercianti e imprenditori nonché mediante la sistematica azione estorsiva da ritenersi ancora un importante canale di approvvigionamento di denaro utilizzato anche per il mantenimento dei detenuti e delle rispettive famiglie.

La forma più diffusa di estorsione risulta consistere nell'imposizione della fornitura di materie prime e di manodopera alle ditte aggiudicatarie a vantaggio di imprese mafiose", la cosiddetta "messa a posto". "Il persistente cime di omertà desumibile anche dalla propensione, praticamente nulla, a denunciare reti tipicamente riconducibili ad attività mafiosa è significativo della capacità di condizionamento del contesto socio-economico-produttivo".

L'aspetto più rappresentativo della mafia trapanese "è sicuramente da rintracciare - secondo la Dia - nella marcata impronta imprenditoriale che si realizza attraverso il reinvestimento e l'interposizione fittizia di capitali d'illecita provenienza anche con l'avallo di operatori economici compiacenti". Nonostante l'evidente controllo territoriale di Cosa nostra, in provincia di Trapani risultano comunque "in aumento" fenomeni di "criminalità diffusa", spesso riconducibili a "gruppi di etnia straniera" principalmente dediti allo "spaccio di stupefacenti e a reati predatori".