Era stato condannato al carcere a vita al termine del processo scaturito dall'operazione "Omega" che nel 1996aveva portato all'arresto di 80 componenti delle principali famiglie mafiose del trapanese. Insieme a lui erano finiti all'ergastolo altri 26 imputati, accusati di associazione mafiosa ed omicidio. L'anziano boss marsalese Francesco D'Amico ha lasciato il carcere, le motivazioni che hanno giustificato il provvedimento sono l'età avanzata (81 anni) ed anche le sue condizioni di salute.

Trent'anni di mafia svelati negli anni '90

Il processo "Omega" scaturì dal "pentimento" di Antonio Patti, killer di Cosa Nostra che rivelò ai giudici oltretrent'anni di attività mafiose in provincia di Trapani, confessando tra l'altro una quarantina di omicidi commessi di mano propria.

Grazie alle rivelazioni del collaboratore di giustizia venne messa a segno dalle forze dell'ordine, su disposizione dei magistrati della Dda di Palermo, la più grossa operazione antimafia di sempre nella provincia più occidentale della Sicilia. In particolare venne fatta luce di oltre settanta omicidi commessi, frutto della feroce "guerra" scatenata dai corleonesi. Le confessioni di Antonio Patti permisero, tra le varie cose, di chiarire il vero ruolo di Francesco D'Amico all'interno della cosca marsalese.

Chi è Francesco D'Amico

Il vecchio boss è il fratello di Vincenzo e Gaetano D'Amico che a cavallo tra gli anni '80 e '90 insieme a Francesco Craparotta, costituivano il vertice del mandamento di Marsala.

Entrarono in contrasto con Totò Riina, dopo aver rifiutato nel 1991 di organizzare un attentato contro l'allora Procuratore della città lilybetana, Paolo Borsellino. Il motivo del rifiuto al capo dei capi venne giustificato dal clamore che avrebbe generato a Marsala un omicidio così eclatante, tanto da provocare la presenza massiccia di forze di polizia sul territorio.

Totò Riina ne ordinò dunque l'esecuzione, commissionando i delitti ad Antonio Patti. Gaetano D'Amico rimase ucciso in un attentato all'interno del "Bar Timone", nei pressi del porto di Marsala, nel febbraio del 1992. Circa un mese prima, Vincenzo D'Amico e Francesco Craparotta erano stati vittima di "lupara bianca". Fatti di sangue che oggi sono praticamente caduti nel dimenticatoio, se non per gli archivi del processo, considerato che Francesco D'Amico è stato scarcerato già da qualche mese senza alcun clamore e nel silenzio assoluto degli organi di informazione. Si trova ora agli arresti domiciliari.