Due recenti sentenze si sono occupate a distanza di pochissimo tempo l'una dall'altra di ristoranti. Il primo caso coinvolge prevalentemente aspetti civilistici, il secondo entraanchein ambito penale. Il risarcimento danni rimane come punto di collegamento fra le due vicende, ma mentre nel primo caso è il titolare di un locale che dovrà versare una congrua cifra a un cliente, nel secondo caso sarà il ristoratore truffato da dueclienti a ottenere da questi un adeguato risarcimento per il danno subìto.

Spaghetti e dentisti

Una recentissima sentenza ha condannato il proprietario di un ristorante perché il suo cuoco si era dimenticato un guscio dentro un bel piatto di spaghetti (per l'esattezza al pistacchio di Bronte).

Grazie anche alla testimonianza resa in Tribunale dall'amico che cenava con lui, il Giudice di pace di Venezia con la sentenza n. 554/2016 ha condannato il titolare del locale al pagamento del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale. L'assenza del ristoratore in tribunale è stata oltre tutto interpretata come una specie di conferma implicita dell'accaduto. Nel risarcimento viene compreso quanto è stato pagato al dentista, che per l'occasione ha fatto la fattura, per l'esattezza di 682 euro, ma anche il danno non patrimoniale, perché anche la paura del trapano in bocca è da ritenersi un danno, esistenziale finché volete ma pur sempre un danno. Infine, come se non bastasse, il ristoratore dovrà pagare anche le spese legali.

Ricordiamo peraltro che in casi del genere è la società di ristorazione a dover provare la regolare somministrazione del cibo, ovvero in questo caso l'assenza di corpi estranei nel piatto servito a tavola, e il principale errore è stato proprio quello di sottovalutare il processo. Sarà per un'altra volta.

Sposi in fuga coi dolci

Un'altra recente sentenza, del Tribunale di Trento (n. 353/2016), ha condannato due novelli sposi a risarcire il proprietario del ristorante dove si è svolto il pranzo di nozze. Il ristoratore, avendo già avuto a che fare con lo sposo, e all'epoca senza problemi, si era fidato e così non aveva chiesto caparra o altro. Tutto sembrava procedere per il meglio e i piccioncini si erano portati via perfino i dolci rimasti, ma l'accordo era poi di risentirsi e passare a saldare il conto.

Invece all'ennesimo sollecito telefonico i due hanno perfino raccontato di appartenere alla Guardia di Finanza e di essere sotto copertura e che, udite udite, sarebbero passate poi le Fiamme Gialle a pagare. Inutile dire che non gli ha creduto nessuno, giudice compreso, e così sono stati condannati per insolvenza fraudolenta a sei mesi con la sospensione condizionale della pena, oltre a dover risarcire il titolare del locale, ecc. ecc. Per intendersi, se avevano qualche precedente, finivano in carcere.