Per alcuni è un elemento imprevedibile, per altri semplicemente un nuovo ed inevitabile fronte di quello sterminato campo di battaglia che si chiama Siria. Da due giorni l'aviazione siriana compie raid nella città di Hasaka, zona nord orientale del Paese, in una regione quasi interamente sotto il controllo delle milizie dell'Ygp. Non era mai accaduto dallo scoppio della guerra civile, nel 2011, che il governo di Damasco ordinasse alle proprie forze armate di attaccare i curdi. Ma il presidente Bashar al-Assad si è sempre opposto alla secessione dei cantoni di Afrin, Jazira e Kobani chei combattenti curdo-siriani vorrebbero riunificare per costituire lo Stato indipendente del Rojava o Kuristan siriano.
La presa di Manbij non è un buon segnale per il regime
Nelle passate settimane le milizie dell'Ygp sono state protagoniste, insieme agli alleati di etnia araba del Fronte Democratico Siriano, della rinconquista di Manbij che da quasi due anni era sotto il controllo dell'Isis. Sebbene lo Stato Islamico sia un nemico comune, per Assad quanto accaduto è un segnale chiaro delle intenzioni curde. Hasaka, teatro dei raid siriani, sta vivendo notevoli tensioni: l'Ygp ha chiesto lo scioglimento della Forza di Difesa Nazionale rimasta in zona. La città è stata già duramente provata da violenti scontri tra i militari siriani e le milizie curde, costati la vita ad oltre 25 persone. Gli attacchi aerei lanciati da Damasco suonano come un messaggio chiaro, un tentativo forte di scoraggiare possibili tentativi secessionisti.
Sarebbero una quindicina le vittime dei bombardamenti.
Tutte le pedine di un complicato 'Risiko'
Nell'ottica appena descritta, l'azione di Damasco avrebbe un senso ma c'è anche chi sospetta che la posta in gioco sia ancora più alta. Lo Stato che più di ogni altro si oppone alla nascita di una nazione curda è la Turchia, da sempre nemica anche di Bashar al-Assad.
Ma il famosovertice tra Recep Erdogan e Vladimir Putin i cui contatti proseguono sicuramente in maniera ufficiosa, potrebbe mettere fine allo scontro tra Ankara e Damasco. Il governo turco potrebbe infine riconoscere l'utilità di Assad, specie se le sue truppe si scagliano contro l'Ygp che Erdogan ha sempre definito "un'organizzazione terroristica".
Di conseguenza i primi attacchi siriani contro i curdi in cinque anni di guerra potrebbero rientrare nell'ambito dell'avvicinamento diplomatico della Turchia alla Russia ed ai suoi alleati. Un tassello dopo l'altro, la strategia di Mosca prende forma: quella di salvaguardare il fedele alleato siriano e mettere allo stesso tavolo i governi turco ed iraniano: divisi dallo storico attrito tra sunniti e sciiti ma uniti contro la causa curda, allo scopo di formare un asse che possa garantire alla Russia piena egemonia politica in Medio Oriente.
Aleppo, nessuna tregua
Intanto, pur rendendosi disponibie aduna tregua di 48 ore per permettere l'invio dei convogli umanitari ad Aleppo, la Russia non ha affatto allentato la sua azione militare.
Oltre i raid aerei che ora partono dal vicino Iran, le navi della flotta di Mosca nel Mediteranneo hanno lanciato un attacco missilistico nel nord della Siria diretto, secondo le fonti ufficiali, contro le milizie dell'ex Fronte Al Nusra. Putin ha fretta di concludere vittoriosamente l'assedio di Aleppo che potrebbe mettere la parola fine alla resistenza dei ribelli anti-Assad. Poi l'esercito siriano e l'aviazione russa punterebbero su Raqqa.Prendere la capitale dell'Isis prima della coalizione internazionale alleata degli Stati Uniti è un altro obiettivo strategico che metterebbe Mosca in posizione di indubbio vantaggio nelle future, ipotetiche trattative per la pacificazione della Siria.