Una ferita che solo affetto vero, riflessione e tempo riusciranno lentamente a rimarginare; l’amara, muta domanda sulle ragioni di una bestialità capace di prendere il sopravvento sulla ragione e sul rispetto della donna e, prima ancora, alla base, della persona; il mistero sciaguratamente inedito della totale mancanza di empatia tra coetanee, della banalizzazione ridanciana dell’orrore, della vacuità di un animo tanto acerbo da sferzare il nostro concetto di scontata fiducia verso i rapporti umani più semplici.
Lo stupro che ha sfregiato la notte riminese di un sabato sera di marzo sta raccogliendo in questi giorni, a mesi di distanza, lo sgomento di un’opinione pubblica incredula, messa al corrente dell’inchiesta penale condotta dal sostituto procuratore Davide Ercolani e deputata a far chiarezza sulla vicenda e sulle responsabilità.
Una violenza in stato di stordimento
Da quanto è emerso finora, la vittima, una ragazza appena 17enne residente nella zona, era andata a ballare in un disco club insieme ad alcune amiche e sulla pista era stata avvicinata da un individuo che il gruppetto conosceva di vista, un ragazzo di origine albanese di 22 anni con il quale lei si era intrattenuta a ballare. Nel procedere delle ore la ragazza aveva consumato diversi cocktail, tanto da risultare estremamente ubriaca, instabile sulle gambe e ai limiti della perdita di coscienza. A quel punto, nel giro di poco tempo, il vero compiersi del dramma.
Non si sa se la 17enne fu accompagnata nel bagno del locale dal ragazzo oppure se barcollando vi fosse andata autonomamente e poi da questo seguita, fatto sta che le due amiche presenti in discoteca, insospettite per la protratta assenza dei due, s’erano portate anch’esse alla toilette dove avevano avvertito inequivocabili rumori della presenza di entrambi nello stesso box.
Dopo essere entrate nel bagno accanto a quello da cui provenivano i mormorii, sporgendo il cellulare oltre la parete divisoria avevano quindi pensato di riprendere quanto stava avvenendo tra i due: le immagini, pur scure e sfuocate, parlano chiaramente, rivelando una giovane inerme semiaddormentata che subisce violenza sessuale da parte del 22enne.
A macabro corredo delle sequenze, i risolini divertiti delle due minorenni, che assistono alla scena in qualità di “amiche” e, sempre rivestendo questo ruolo, non pensano minimamente di chiamare alcun tipo di soccorso o di cercare in qualche modo di far sì che l’abuso venga interrotto.
La vergogna e la denuncia
Anzi, era stata proprio dalla cerchia delle “amicizie” della vittima che dalla mattina seguente erano cominciate le diffusioni del materiale catturato la notte di sabato, un giro di immagini scabrose che era infine giunto anche alle orecchie dell’inconsapevole protagonista, subito attanagliata dalla vergogna.
Fu però solo quaranta giorni dopo che la ragazza, visti l’inefficacia dei suoi tentativi di far cancellare il filmato e il timore di un via via più incontrollabile effetto catena, decise di confidare la vicenda alla madre, e di recarsi insieme al genitore in questura a sporgere denuncia.
«La ragazza è molto cambiata da marzo in poi. Non ha più voluto andare a scuola e, in quelle occasioni in cui le è capitato di incrociare per strada il ragazzo, ha avuto davvero paura. La famiglia invita tutti al riserbo e al rispetto della privacy – ha raccontato l’avvocato Pergiorgio Tiraferri, uno dei due legali che difende la 17enne.
Dopo esser stato rapidamente identificato, il giovane è stato posto sotto la lente d’ingrandimento della procura, fino a che, dopo una perizia sanitaria disposta dall’Ercolani che confermava la violenza subita, il procuratore capo di Rimini Paolo Giovagnoli ha convalidato il dossier relativo all’abuso attribuito al 22enne. Le imputazioni potrebbero andare dalla violenza privata alla diffusione di materiale pedopornografico.