L'autopsia sul corpo di Manuel Piredda non venne effettuata. La dinamica venne cristallizzata come suicidio, seguito all'aggressione ai danni di Valentina Pitzalis. Il rogo scaturito aveva sfigurato per sempre la ragazza. In assenza di esame autoptico e tossicologico, non è comunque chiaro se Manuel Piredda fosse vivo durante l'incendio, se fosse morto prima, e se avesse abusato (cronicamente o solo nel frangente precedente la morte) di qualche sostanza tra farmaci, alcool, droga. Il legale del giovane, a cui Manuel si era rivolto dopo la denuncia del pestaggio subito, lo incontrò nel suo studio due giorni prima della tragedia, trovandolo "perfettamente presente a se stesso, lucido nel narrare la vicenda dell'aggressione, con una buona padronanza della lingua italiana" e non diede "la minima impressione che fosse sotto l'effetto di alcuna sostanza stupefacente o psicotropa".

Contraddizioni e bugie secondo Roberta Mamusa

"Mio figlio non l'accompagnava in bagno. Durante un'intervista, rilasciata a un noto programma tv (Il Terzo Indizio, puntata del 7/6/2016, ndr), Valentina afferma: 'Io non potevo neanche andare in bagno da sola, dovevo svegliarlo durante la notte, prendermi le sue urla perchè lo svegliavo (...), fare casino per spostare tutto (la scrivania davanti alla porta della camera, ndr)'. Nella stessa dichiarazione, pochi istanti dopo, sostiene che Manuel andasse fuori di testa se gli permetteva di addormentarsi sul letto mentre lei era in bagno, impedendogli di controllarla. A che gioco stiamo giocando? Possibile che nessuno, tra chi di dovere, abbia mai notato queste contraddizioni?

Un interrogatorio che non convince la famiglia

Il 27 maggio 2011, Valentina Pitzalis viene interrogata dagli inquirenti nel suo letto d'ospedale. Il contenuto non convince la famiglia. "Cosa dire della domanda fatta ai carabinieri: 'Siete sicuri che sia lui che sia morto?', seguita da: 'Da cosa, dai denti?'. Com'è possibile che Valentina faccia queste assurde domande?

Aveva paura che Manuel potesse salvarsi e parlare? C'era una terza persona con loro? Valentina ha dichiarato di aver visto 'Manuel carbonizzato, nella porta, tipo in ginocchio, quasi ripiegato su se stesso in maniera fetale' e ancora 'Mi son girata e ho visto Manuel, (...), era tutto nero, carbone era'. Ma cosa avrebbe potuto vedere - chiede Roberta - con gli occhi chiusi tra le palpebre 'completamente ristrette e raggrinzite', tanto che persino i medici non erano in grado di vederle gli occhi, come lei stessa scrive nel libro?

Ci sono troppe cose che non quadrano e che mi impongono dei dubbi, come madre e come essere razionale. In quell'interrogatorio andato in tv, Valentina afferma: 'Secondo me lui non voleva farmi del male, voleva uccidermi e uccidersi'. Quale assassino non vuole nuocere alla sua vittima, poi in quel modo atroce? 'Stare insieme nella vita oppure oltre': è un pensiero di Valentina, non di mio figlio, e lo scrisse rivolgendosi a Manuel in quel diario del 2005, poco prima di sposarsi".

Un giubbotto in jeans e una cuffietta verde

Ma ci sono altri elementi su cui la famiglia Piredda attesta la sua posizione di rigetto della versione di Valentina Pitzalis. "Di Manuel non c'è rimasto molto. Tutti i suoi effetti personali, della sua casa a Bacu Abis, sono stati prelevati durante le indagini e non ho mai avuto indietro nulla, neppure il cellulare e il computer.

Una tragedia nella tragedia. Tra i pochissimi ricordi, restano a casa mia, intatti, gli indumenti che Valentina indica come quelli indossati da Manuel quella maledetta notte. Poichè era completamente carbonizzato, come dicono gli inquirenti a Valentina nell'interrogatorio, lo riconobbero dagli indumenti, gli stessi descritti da Valentina. Manuel aveva un solo giubbotto in jeans e una sola cuffietta verde. Erano e sono a casa nostra, a Gonnesa. Li avevo lavati per ridarglieli puliti. Non potei più farlo e lui non li può più indossare. Sicuramente non era vestito come sostiene Valentina".