Non accenna ad arrestarsi lo strascico di preoccupazione che dalla strage di Berlino è giunto sino in Italia, alimentato dall'uccisione di Anis Amri a Sesto San Giovanni. Un ordinario controllo di polizia sul suolo italiano ha portato alla morte del presunto attentatore del mercatino di Natale nella capitale tedesca. Un decisivo punto di svolta per le forze di polizia di tutta Europa, che ha però gettato la nazione nel rischio di ritorsioni, come sottolineato dallo stesso Franco Gabrielli, in una circolare diffusa poche ore dopo la morte del tunisino.
Dopo un'imponente ondata di polemiche sulla decisione di diffondere nomi e volti degli agenti italiani coinvolti nella sparatoria, adesso è il Viminale a dichiarare la necessità della massima cautela.
Isis fa sempre più paura
Sino a questo momento l'Italia è rimasta indenne da attacchi terroristici del sedicente Stato Islamico. Una sorta di "miracolo" in uno scacchiere internazionale sempre più in fermento. Alcuni analisti della strategia del Califfato puntano l'attenzione sull'ultimo video di Daesh, diffuso a ridosso della strage di Berlino. Perchè? Per i più esperti studiosi del jihad, quei 29 minuti di incitamento all'odio anti occidentale costituscono il vero spartiacque nello stragismo islamista: a preoccupare sono i sottotitoli in italiano, un perfetto italiano mai sgrammaticato e sintatticamente efficace, attraverso cui si chiamano alle armi tutti i "lupi solitari" della Francia e della Germania.
L'Italia, seppur non direttamente destinataria dell'ultimo proclama, ne diviene per la prima volta oggetto centrale: mai prima d'ora, infatti, la lingua italiana aveva fatto da veicolo per i messaggi dell'Isis contro l'Europa. Che sia un chiaro segnale è evidente, ma si cerca di capire lo scopo esatto di quei sottotitoli.
La dichiarazione del Viminale
Dal Dipartimento italiano per la Pubblica sicurezza proviene una dichiarazione chiara sullo stato di allerta, cresciuto notevolmente dopo i fatti di Sesto San Giovanni: "Temiamo la vendetta dell'Isis. Schierati i super poliziotti". A dichiararlo al Corriere della Sera è Maurizio Vallone, capo del Servizio controllo del territorio.
La preoccupazione esiste in quanto è la prima volta che un terrorista viene ucciso in Italia. Il fatto che ad aver neutralizzato Amri sia un agente di Polizia impone la massima attenzione anche sul possibile ruolo di "bersaglio" degli uomini in divisa.
A rafforzare la paura di un atto ritorsivo contro le forze dell'ordine italiane, Vallone sottolinea che la Francia ha già vissuto la barbara uccisione di due poliziotti. Il rischio di vendetta appare, dunque, alto e difficile (se non indecifrabile) rimane l'individuazione certa degli obiettivi più esposti. Incrementato, allora, il dispiegamento di forze su tutta la nazione: è stata disposta la presenza di circa 1800 agenti e 400 mezzi in più al giorno, in una costosa operazione di prevenzione che sfora i 100 milioni di euro al mese.
Armi di precisione, veicoli blindati e servizio h24
Oltre all'aumento delle forze su tutto il territorio, dotate di fucili di precisione e mezzi blindati, un altro importante tassello che fa comprendere quanto alta sia l'attenzione è rappresentato da un'altra circolare del capo della Polizia Gabrielli. Qualche tempo fa, in seguito ad una decisione congiunta con il ministero dell'Interno, una serie di direttive è stata indirizzata proprio agli agenti fuori servizio: dalla richiesta di portare con sé l'arma di ordinanza anche nelle ore extra-lavorative, all'addestramento per interventi straordinari in caso di attentato. Una tutela dei cittadini che, per Franco Gabrielli, ormai non può dipendere dai vincoli di orario e turni. Ogni agente deve poter intervenire, nel pieno delle sue facoltà (compreso l'uso dell'arma) a qualunque ora e in qualunque momento, indipendentemente dal fatto che si trovi in servizio o meno.