Terminato da quasi un mese il sanguinoso assedio di Aleppo con la rinconquista della città da parte dell'esercito governativo, si prosegue a combattere nel resto della Siria. Un raid statunitense ad Idlib che avrebbe causato oltre una ventina di morti tra i civili è stato oggetto di critiche da parte del Cremlino ed alimenta nuovamente le tensioni tra Washington e Mosca.
Obiettivo i ribelli estremisti
Gli Stati Uniti hanno sciolto le ultime riserve e, ora che la sconfitta dei ribelli è vicina, hanno ripreso ad attaccare le milizie dell'ex Fronte Al Nusra che fino ad un mese fa erano ancora asserragliate ad Aleppo.
I bombardieri B52 hanno 'puntato' le basi del gruppo ex qaedista ad Idlib ma, sebbene l'obiettivo siano gli stessi islamisti combattuti dai russi ad Aleppo, l'azione ha causato la reazione negativa da parte di Mosca. Il ministero della difesa ha infatti lamentato la "mancanza di comunicazione" da parte delle forze militari statunitensi che non hanno reso note le proprie intenzioni. La Siria resta a tutti gli effetti un Paese sovrano ed attualmente è sotto la tutela del Cremlino. Intromissioni di questo genere sono dunque 'sgradite' dalle parti di Vladimir Putin, specie se non concordate. "Nel raid sono morti 20 civili", si legge nella nota del ministero che sottolinea così che "non sono soltanto i russi a fare vittime tra la popolazione".
L'azione turca sostenuta da Mosca
Nel frattempo la nuova intesa tra Mosca ed Ankara, che hanno concordato la tregua più o meno in atto tra Damasco ed i ribelli arabo-sunniti moderati, inizia a fruttare anche dal punto di vista militare. La Turchia ha infatti avviato un'offensiva anti-Isis ad Al-Bab, supportata dall'aviazione russa.
Recep Erdogan guarda con estrema fiducia al prossimo 23 gennaio quando ad Astana, in Kazakistan, si svolgerà il vertice a tre fra Russia, Turchia ed Iran. Sarà probabilmente il summit più importante per il futuro della Siria e si terrà a pochi giorni di distanza dall'insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump. Il presidente turco vuole presentarsi al tavolo con una brillante vittoria militare sullo Stato Islamico ad Al-Bab che gli consentirebbe di estendere la sua influenza nel nord della Siria e, soprattutto, di avere la mano libera con le milizie dell'Ypg.
Anche qui la questione curda è piuttosto controversa, Ankara li considera terroristi ma sono fedeli alleati degli Stati Uniti.
In attesa di Trump
La presa di Aleppo ha dunque dato il via ad una nuova fase delle operazioni belliche in Siria che, per certi versi, somiglia parecchio a quella precedente. La Russia è in posizione di indubbio vantaggio, ha messo in una botte di ferro il suo alleato Bashar al-Assad e si prepara al vertice di Astana che esclude di fatto Washington dai negoziati. Le due superpotenze proseguono la guerra su binari paralleli ma non dialogano, gli Stati Uniti sono consapevoli di aver perso la loro guerra politica ma cercano ancora di avere un ruolo in Siria. Un ruolo che potrebbe tornare prepotentemente di moda con l'insediamento di Donald Trump e con il suo annunciato dialogo con Mosca. In realtà la nuova fase della questione siriana potrebbe iniziare davvero con la nuova amministrazione della Casa Bianca.