Sulla porta d'ingresso del circolo "Librolandia" di Verona, posto nel quartiere San Zeno, è spuntato un cartello che ricorda quelli che venivano appesi nel periodo delle leggi razziali, in questo caso contro le persone di colore. "Vietato l'ingresso ai negri" recitava l'avviso, rimasto esposto per alcune ore durante le quali è stato fotografato ed è finito sui social scatenando un putiferio. Dal circolo fanno sapere di non essere gli autori di tale vergognoso cartello, e si dichiarano estranei ai fatti. Sarebbero stati vittima di uno scherzo di pessimo gusto.

Ma le autorità hanno aperto un'inchiesta.

L'indignazione sui social

Appena l'immagine è finita in rete è diventata virale, e ovunque è stata proposta ha suscitato numerosi commenti di indignazione. Qualcuno crede e spera che possa trattarsi di una delle tante bufale a sfondo razzista che circolano sul web. Altri invece non sapendo che i titolari si sono dichiarati estranei ai fatti invocano l'immediata chiusura del locale. La condanna per il cartello è unanime, e in molti evidenziano il crescente clima di intolleranza che si registra in Italia, grazie al fatto che - a torto o ragione - molte persone ritengono che le istituzioni siano maggiormente attente alle esigenze dei richiedenti asilo che a quelle degli italiani che versano in condizioni di indigenza.

Interviene la Polizia scientifica

Il quotidiano L'Arena di Verona riporta la notizia annunciando che sul caso oltre alla Digos indagherebbero anche gli uomini della Polizia Scientifica. Gli inquirenti sembrano determinati a stabilire se quel cartello è stato creato dai gestori del circolo o da altri, e un esame approfondito potrà dissipare ogni dubbio.

In rete c'è chi non crede alla giustificazione dello scherzo, evidenziando come altri avvisi esposti sulla medesima porta siano confezionati con un pennarello nero ed una calligrafia quanto meno simile a quella del cartello razzista. "Anche il cartello con scritto libri cucina -50% è stato scritto dalla persona che ha fatto lo scherzo?" chiede un utente su Facebook. In attesa dei chiarimenti del caso la polemica sui social non accenna a placarsi.