Lo scorso settembre una terribile tragedia invase la rete e le TV nazionali. Una giovane donna napoletana, dell’età di 31 anni, si tolse la vita a causa della diffusione online di alcuni suoi filmati a luci rosse senza il suo consenso. L’evento diventò così virale e gravoso al punto da spingere la donna a porre fine alla sua esistenza compiendo il gesto disperato. Si suicidò.

Tiziana Cantone morta suicida a causa della diffusione di suoi filmati

Prima di compiere l’efferato gesto, la donna provò a porre rimedio ai danni fatti, chiese la cancellazione dei filmati che la ritraevano a tutte le società che pubblicarono i suoi video, ottenendone il consenso nello stesso settembre.

La condizione a cui, però, fu costretta a soggiacere fu il pagamento di ingenti somme di denaro riferite a spese legali, pari circa a 20mila euro. Probabilmente fu anche questa una delle motivazioni che spinsero la donna a togliersi la vita. Le indagini, nel frattempo, sono proseguite e da pochissimo si è verificato un fatto che ha riaperto il caso apportando informazioni ulteriori in grado di decretare una svolta nell’inchiesta.

È stato sbloccato l’Iphone di Tiziana Cantone

I carabinieri di Napoli sono riusciti a penetrare nel sistema operativo del suo Iphone senza ricorrere all'aiuto della Apple. Come è stato riportato sul Mattino, ci sono riusciti utilizzando un “bug”, tecnicamente chiamato “brute force”.

Questo sistema rappresenta un attacco diretto al sistema di protezione della struttura operativa, il quale è in grado di inserire qualsiasi chiave di lettura fino a che il codice non viene decifrato. Il metodo è molto all'avanguardia ed è in grado di preservare il sistema dalla normale “autodistruzione” della serratura virtuale dopo il fallimento di 10 tentativi errati.

Questa svolta nel corso delle indagini apre agli investigatori nuove piste da percorrere, al termine delle quali, si spera, si riesca a pervenire, finalmente, alla verità che si cela dietro questo caso. Avendo libero accesso al cellulare della donna sarà possibile accedere alle conversazioni di whatsapp , applicazione dalla quale si sarebbero diffusi in rete i primi filmati incriminati, in modo da pervenire a quello che era il punto di vista della vittima.