Ha dovuto incassare una nuova sconfitta il presidente Usa, Donald Trump, dopo che la Corte d'Appello di San Francisco si è pronunciata, negando all'unanimità la possibilità di "riattivare" il muslim ban, il decreto voluto e firmato dal presidente, che vietava l'ingresso negli Stati Uniti a cittadini e rifugiati provenienti da 7 paesi musulmani.
È il secondo "schiaffo" che arriva dalla magistratura americana all'amministrazioneTrump: la Corte d'Appello ha, infatti, confermato la precedente decisione di un giudice federale di Seattle, che già aveva "congelato" il Muslim Ban.
Secondo i giudici, non è stata fornita alcuna prova a legittimazione del decreto, che cittadini provenienti dai sette paesi abbiano effettuato attacchi terroristici in Usa, o che ci siano ragioni di gravità e urgenza tali da motivare il provvedimento.
Trump: giudici politicizzati
Il Dipartimento di giustizia dell'amministrazione Trump ha impugnato la decisione del giudice di Seattle, presentando ricorso, sostenendo che il provvedimento rientra nei compiti e poteri del Presidente, che non entra in conflitto con la Costituzione e, in più, che risulta utile per la sicurezza del Paese.
Ma la Corte Federale di San Francisco composta da tre giudici (due di nomina democratica, uno di nomina repubblicana), fin dalla prima udienza ha sollevato obiezioni circa la legittimità di una simile iniziativa presidenziale che si scontra con alcuni principi costituzionali, a cominciare dall'emendamento che sancisce la libertà religiosa.
Infine è stato contestato anche il modo in cui il decreto è entrato in vigore: senza preavviso, mettendo in difficoltà migliaia di famiglie, creando caos negli aeroporti e nei trasporti. L'accusa, rappresentata dagli Stati di Washington e Minnesota, aveva infatti parlato di "danni irreparabili" e tutto solo "per discriminare chi è di religione musulmana".
L'attacco alla magistratura non si è fatto attendere. Già James Robart, il giudice di Seattle che per primo ha sospeso il decreto, era stato preso di mira da Trump, che aveva definito "ridicola" la sua decisione e l'aveva etichettato come uno "pseudo-giudice".
In merito ai giudici della Corte d'Appello di San Francisco, Trump li aveva già definiti "politicizzati", parlando all'assemblea degli sceriffi e delle forze dell'ordine dopo la prima udienza, e in attesa del definitivo pronunciamento.
In quell'occasione aveva anche aggiunto che il suo era un provvedimento necessario per la difesa nazionale, scritto in modo perfetto, al punto che persino "un cattivo scolaro lo capirebbe".
Sono dello stesso tenore i suoi commenti a caldo, in merito alla decisione dei tre giudici della Corte federale d'appello di San Francisco: "Si è trattato di una decisione politica - ha detto - vinceremo il caso, penso molto facilmente".
Trump: ci vediamo davanti alla Corte
"Sono stato eletto anche per difendere e proteggere il Paese". Se la magistratura l'ha fermato, Trump non si arrende e "rilancia", annunciando con un tweet che presenterà un nuovo ricorso dinanzi alla Corte Suprema: "Ci vediamo davanti la Corte - ha scritto nel suo tweet - in gioco è la sicurezza della nazione".
SEE YOU IN COURT, THE SECURITY OF OUR NATION IS AT STAKE!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 9 febbraio 2017
Nel frattempo, anche i "suoi" prendono le distanze: Neil Gorsuch, giudice nominato proprio da Trump in attesa di essere confermato dal Senato per essere tra i componenti della Corte Suprema, non promette vita facile al presidente, avendo definito come "demoralizzanti e avvilenti" le sue critiche alla magistratura.