La commissione d’inchiesta internazionale indipendente sulla Siria, facente parte dell’Onu, ha reso pubblico il rapporto sui crimini di guerra perpetrati ad Aleppo negli ultimi due anni di guerra, focalizzando specialmente l’attenzione nel periodo tra il 21 luglio e il 22 dicembre del 2016. Nel rapporto si parla di azioni programmate per colpire la popolazione civile, sia attraverso armi non convenzionali, tra cui ordigni chimici, sia mediante l’utilizzo di tecniche di isolamento. Da un lato i due eserciti alleati, quello del regime di Assad e quello russo, dall’altro i gruppi ribelli: ambedue responsabili dei crimini di guerra.

Il rapporto è stato redatto da ricercatori che hanno incrociato le 291 interviste ai testimoni oculari con le analisi forensi dei reperti e con le immagini satellitari. Questo documento servirà come dossier per perseguire i responsabili di questi atti gravissimi in un processo penale.

La linea rossa

Nel 2014 fu Barak Obama a sottolineare come il regime di Assad avesse usato le armi chimiche contro il proprio popolo. A quel tempo si disse che i militari siriani oltrepassarono la “linea rossa”, cioè il confine che segna l’uso di armi non convenzionali. In quell’anno furono la Russia e la Cina a fermare la Corte penale internazionale che stava per aprire un’indagine. Il tema di fondo comunque, rilevato oggi dall’analisi dell’Onu, riguarda il fatto che la popolazione civile è diventata, in questa guerra, target militare programmato.

E gli strumenti utilizzati per colpire ne ingigantiscono i tratti di questa tragedia collettiva. La tipologia delle armi utilizzate ad Aleppo dall’alleanza russo-siriana, radendola al suolo, hanno riguardato prevalentemente gli esplosivi utilizzati dalle aviazioni: perforanti, al cloro, a frammentazione, incendiarie. Quello che i ricercatori non sono riusciti a stabilire con certezza è se questi esplosivi siano stati utilizzati solo dall’aviazione siriana o anche da quella russa, dato che gli aerei in dotazione erano i medesimi.

In questo contesto c’è poi l’attacco al convoglio umanitario dell’Onu fatto saltare in aria il 19 settembre uccidendo 14 operatori, definito nel rapporto “meticolosamente pianificato e spietatamente effettuato”. Naturalmente sia il regime siriano che il governo russo hanno negato qualsiasi coinvolgimento, sia nel caso del convoglio Onu che in generale sull’uso di armi non convenzionali.

I civili come scudi umani

Dall’altra parte i gruppi ribelli non sono stati sicuramente da meno poiché hanno bombardato l’area occidentale di Aleppo in modo generalizzato, senza nessun tipo di remora a colpire le abitazioni civili. Nella fase finale dello scontro in città la recrudescenza delle azioni contro i civili si è poi trasformata nella tragedia denunciata da tutti gli organi internazionali. Avveniva quando la zona orientale era sotto assedio da parte dell’alleanza russo-siriana. In quella occasione i gruppi ribelli non solo impedivano la fuga delle famiglie rimaste intrappolate, ma li usavano anche come scudi umani. E infine c’è l’attacco al quartiere residenziale kurdo di Sheikh Maqsoud. Di contro, in quei giorni, l’alleanza pro-governativa aveva rifiutato l’apertura dei corridoi umanitari per sottrarre i civili alla morte, lasciando la gente senza cibo, acqua e medicinali.