Sulla morte di Stefano Feniello c'è un esposto in Procura, presentato dalla famiglia nei confronti del prefetto di Pescara, di una funzionaria della Protezione civile e del sottosegretario di Stato, Federica Chiavaroli.
Non sarebbe stato a guardare, Alessio Feniello, padre di Stefano. Padre di un giovane di 28 anni morto sotto la tremenda valanga che ha seppellito per sempre l'hotel Rigopiano di Farindola. Padre di un giovane con una vita davanti, prima dato per superstite e poi, dopo giorni di attesa, inserito definitivamente nell'elenco delle vittime di quella immensa tragedia, personale, umana, italiana.
Non sarebbe stato a guardare e c'era da aspettarselo, lo aveva promesso durante i giorni di fuoco in cui attendeva il ritorno di suo figlio e come un dannato gridava il suo dolore davanti alle telecamere.
Alessio Feniello in prima linea per la verità
Cosa avrebbe potuto dire a sua moglie, Maria, affranta da interminabili ore aggrappate alla speranza, se non che si sarebbe impegnato in prima linea per trovare le verità di quel giorno? Così è stato. Alessio non si arrende e continua la sua battaglia per avere chiarimenti su quanto accaduto durante le fasi di soccorso. L'esposto presentato in Procura potrebbe servire a comprendere se l'inserimento di Stefano Feniello tra i sopravvissuti sia stato un "madornale errore di comunicazione", come riferisce il legale della famiglia, Camillo Graziano, o se ci siano elementi ancora sconosciuti che potrebbero delineare un quadro di responsabilità piuttosto grave.
Le incongruenze rilevate dalla famiglia
Il nome di Stefano è comparso nella lista dei superstiti del Rigopiano il 20 gennaio, due giorni dopo la valanga. La famiglia ne aveva ricevuto comunicazione in occasione dell'incontro tra i parenti dei dispersi, il prefetto e una funzionaria della Protezione civile. Le 5 persone estratte vive dal Rigopiano avrebbero dovuto raggiungere l'ospedale di Pescara nelle ore successive all'annuncio.
Ore di inutile attesa, in cui le rassicurazioni ai familiari arrivavano da più parti, sottosegretario di Stato compreso. Arrivarono 4 sopravvissuti, di Stefano nessuna notizia.
La famiglia Feniello ora invoca una verità oggettiva, sulla base delle incongruenze che ha rilevato sin dalle prime ore successive all'estrazione della fidanzata di Stefano, Francesca Bronzi.
La ragazza, sopravvissuta a quell'inferno di neve e macerie, aveva infatti raccontato che il giovane era vicino a lei. Facile immaginare che, subito dopo aver salvato Francesca, i soccorritori avrebbero raggiunto anche lui. Stefano fu invece estratto 4 giorni dopo la sua fidanzata, ormai privo di vita.
L'avvocato difensore dei Feniello ha precisato le motivazioni dell'esposto: "Francesca ha raccontato che Stefano era vicino a lei, che aveva riconosciuto il suo orologio e che, pur non potendosi muovere, era riuscita a toccare la sua mano. Abbiamo chiesto anche ai soccorritori, ma ci hanno detto che Stefano non era nel punto indicato dalla ragazza. Successivamente abbiamo appreso dalla stampa che forse Stefano era a 4 o 5 metri da Francesca.
Vogliamo capire perchè il nome di Stefano era in quella lista e che sia fatta luce su queste discordanze".
Maria Perilli, madre di Stefano Feniello, ha dato sfogo alla sua rabbia in una lettera aperta. Parole durissime contro le istituzioni locali, compreso il primo cittadino: "Ringazio il sindaco di Farindola che si è preoccupato di aiutare Stefano e tutte le altre persone affinchè arrivassero in hotel e non si è posto il problema di come quelle stesse persone sarebbero potute andare via il giorno dopo".