Era nell'aria l'arresto dell'alessandrina Lara Bombonati per terrorismo internazionale. Anche se da circa 30 anni il terrorismo islamico non compie stragi sulla Penisola, è sempre meglio prevenire che curare.
L'ultimo attentato di matrice musulmana è stato la strage di Fiumicino del 1985 - in contemporanea con quella di Vienna - durante la quale rimasero uccise 13 persone, con oltre cento feriti. La rivendicazione fu di Hamas. Si trattò di un fulmine a ciel sereno, perché l'Italia si era mostrata sempre ben disposta nelle trattative con la Palestina, fin dai tempi del ministro degli esteri Aldo Moro.
A proposito del politico di Maglie, il mese scorso è stato commemorato il 39° anniversario della sua barbara uccisione da parte dei terroristi delle Brigate rosse.
La Foreign Fighter
Dopo una serie di incitazioni sul web alla sovversione, ed un giugno pericoloso con pacchi bomba destinati ai Pm torinesi, la Digos ha dimostrato di tenere gli occhi ben aperti, arrestando per terrorismo internazionale Lara Bombonati. Anche suo marito era un foreign fighter, morto combattendo in Medio Oriente. La donna era stata fermata a gennaio scorso nella Turchia di Erdogan: aveva intenzione di seguire le orme del coniuge, ed era in contatto con jihadisti maghrebini, molti dei quali esponenti della primavera araba.
La Digos la teneva d'occhio e, dopo i pacchi bomba indirizzati a Pm di punta nella lotta al terrorismo, ha stretto le fila. Così, appena ha appreso che stava progettando di tornare a combattere in Siria, non con gli sciti, né con i sunniti e nemmeno con l'Isis, ma con "Organizzazione per la liberazione del Levante", ha deciso di arrestarla.
Il suo compito principale era quello di fare da staffetta tra la Siria di Assad e la Turchia di Erdogan. Si era affiliata alle milizie jihadiste per svolgere un compito delicato: consegnare o acquisire documenti. Per questi motivi, Lara Bombonati era già stata arrestata dalle autorità turche. Intanto è di nuovo altissima la tensione sulle alture del Golan, dove le forze armate della Siria e quelle di Israele hanno ripreso i conflitti a fuoco senza esclusione di colpi.
La donna alessandrina voleva diventare martire della jihad, ed era impegnata nella spasmodica ricerca di dimostrarlo con i fatti. Insieme al marito, aveva deciso dl lottare al fianco del Califfato in nome di Allah, per instaurare lo Stato islamico mondiale sull'esempio di Osama Bin Laden e di Al Baghdadi, che sarebbe stato ucciso in un raid aereo nei dintorni di Raqqa.
I social del terrore
La giovane comunicava solo attraverso chat sicure come Telegram, WhatsApp e Facebook. Era entrata in contatto con le sorelle musulmane via Skype, con utenza jalyk, assumendo il nome islamico di Khadija, come la prima moglie di Maometto.
Insieme al coniuge si collegava sui social per seguire gli insegnamenti degli imam, e per discuterne con altri musulmani.
Cercando di evitare le fake news, faceva conoscere l'autenticità della propria fede in Allah, affermava la sua nuova identità musulmana, e propagandava la sua conversione alla guerra. Di questi tempi, anche i social network vanno tenuti d'occhio, poiché particolarmente utilizzati dai terroristi, i quali vi ricorrono per confrontarsi e per apprendere gli insegnamenti diffusi dagli imam
La conversione di marito e moglie all'estremismo islamico è dimostrata da quanto accaduto a Francesco Cascio, morto lo scorso 26 dicembre durante un'irruzione armata in un campo di addestramento in Siria. Sarebbe stata proprio la Bombonati a convincere il coniuge a morire in nome di Allah.
Antagonisti sul piede di guerra
Oltre al fronte Isis, la Digos della Polizia di Stato è impegnata, da un paio di settimane, nel fronteggiare anarchici e antagonisti che sabato 24 giugno hanno manifestato a Torino nella zona di Barriera di Milano, per solidarietà con sei antagonisti arrestati nei mesi scorsi.
Si sono registrati prevedibili scontri con le Forze dell' Ordine. Il volantino dei manifestanti recitava: "La celere bracca i venditori abusivi e manganella chi non rispetta l'ordinanza dell'Appendino. L'unica alternativa è opporsi: cacciando la polizia dalle strade e dalle piazze".
Queste manifestazioni seguono la diffusione on line di un documento che anticipa una nuova strategia insurrezionale, invitando i vari gruppi che gravitano intorno all'antagonismo, ad unirsi in un improbabile Gezi Park.