Il Tribunale di Bologna potrebbe decidere il 7 luglio, se il boss di Corleone Totò Riina potrà essere scarcerato o in alternativa andare ai domiciliari. L'udienza è fissata proprio pochi giorni prima della ricorrenza della "strage di via D'Amelio", per cui sta scontando l'ergastolo, solo una delle tante condanne al carcere a vita che pesano sulle sue spalle.

Sarà il Tribunale di Bologna a decidere

Durante quell'udienza, già fissata da tempo in seguito all'accoglimento del ricorso proposto dal legale di Riina, sarà riesaminata la sentenza di ieri, 5 giugno, con la quale la Cassazione per la prima volta ha aperto uno spiraglio verso un regime di carcere alternativo per Riina, che da tempo è gravemente malato.

"Tutti hanno diritto a morire dignitosamente", hanno scritto i giudici della Suprema Corte, rimandando la decisione allo stesso Tribunale di Bologna che secondo i giudici della Cassazione non ha dimostrato nel modo adeguato come Riina possa essere ancora il Capo di cosa nostra, anche a fronte del suo evidente decadimento fisico.

Neppure a Provenzano furono concessi i domiciliari

Immediata la reazione del Capo dell'Antimafia, Franco Roberti, "Siamo perfettamente in grado di dimostrare che è ancora lui il capo", dice Roberti che ricorda le minacce del boss al magistrato Antonino Di Matteo che proprio per questo vive blindato. Secondo Roberti il Tribunale di Bologna dovrà solo integrare i punti indicati dalla Cassazione: "nessun dubbio", sostiene, "che Riina resterà in regime di detenzione curato in ogni caso nel migliore dei modi".

D'altra parte neppure all'altro boss di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, erano stati concessi i domiciliari prima che morisse, nonostante anche le sue condizioni fossero gravi e forse ancora più gravi rispetto a quelle di Riina.

Riina è ancora il Capo dei Capi

Tutti chiedono che la gravità della sua malattia sia dimostrata. "Qui è in ballo il diritto alla salute che viene sistematicamente calpestato", dice il legale di Riina.

Però, la nostra giustizia ha una storia lunga di mafiosi che si presentano in barella ai processi, o di quelli giudicati ciechi o insani di mente, che, una volta ai domiciliari, scappano e uccidono di nuovo o addirittura continuano a fare affari indisturbatamente. Tutti ricordano il giorno in cui fu arrestato Totò Riina, il 15 gennaio 1993, dopo 24 anni di latitanza, e il suo volto, quanto apparve in televisione, sorprese tutti.

Nessuno immaginava che un personaggio così rozzo - lo chiamavano "o' curtu" (il piccolo) per la sua statura -, potesse essere il Capo dei Capi. Sembra potersi affermare che Riina non sia un detenuto normale e, quindi, andrebbe trattato come sono stati trattati altri boss durante la loro esistenza, senza mai lasciare il carcere.