Il 25 gennaio di un anno fa, Giulio Regeni veniva rapito al Cairo. Qualche settimana dopo, il corpo del giovane, con evidenti segni di violenza, veniva ritrovato a pochi km dalla capitale egiziana. Dottorando presso l'Università di Cambridge, si era recato in egitto per condurre ricerche sul campo e descrivere la situazione dei sindacati egiziani, complicatasi a seguito della rivoluzione scoppiata nel 2011.
I punti oscuri della vicenda, sorti durante le indagini, hanno messo in luce una difficile situazione territoriale, come dimostrato dai numerosi e continui tentativi da parte del governo egiziano di ostacolare il corso della giustizia.
"Verità e giustizia per Giulio": l'appello di familiari, governo italiano e comunità internazionale
Appresa la notizia della sua morte, immediata è stata la reazione dei familiari che hanno chiesto, sin dal primo giorno, chiarezza sui fatti accaduti nei mesi di permanenza del figlio al Cairo. La causa di Giulio è stata sposata anche dal web che, al grido di #VeritàperGiulio, ha chiesto di far luce al più presto sullo svolgimento e sui risvolti delle indagini. Ancora oggi, però, aleggia sull'intera vicenda un alone di mistero che non sembra destinato a dissolversi.
A riprova della delicatezza della vicenda, l'ultimo colpo di scena: la scomparsa, nella mattinata di domenica 10 settembre 2017, di Ibrahim Metwaly, uno dei consulenti legali egiziani della famiglia Regeni.
Di lui non si avrebbero più notizie da circa 48 ore, dopo essere stato avvistato per l'ultima volta all'aeroporto del Cairo. Avrebbe dovuto imbarcarsi su un volo diretto a Ginevra e recarsi all'Onu per parlare di "sparizioni forzate" e di violazioni dei diritti umani, ma alle Nazioni Unite Metwaly non è mai arrivato.
Appena appresa la notizia, immediata è stata la reazione e lo sgomento dei familiari e del web di fronte a quello che sembrerebbe essere un altro dei tanti depistaggi da aggiungere alla lista.
Il caso di Giulio è, ancora a distanza di mesi, un dedalo di indizi e prove che non trovano l'elemento chiave necessario per chiudere la vicenda. Sono ancora numerosi gli interrogativi che animano l'opinione pubblica e non solo: tra questi, ci si chiede perché le istituzioni egiziane abbiano dirottato le indagini del governo italiano.
La famiglia del giovane ricercatore non si è arresa e ha continuato - e continua - a lottare per chiedere giustizia per un ragazzo, la cui unica colpa è stata quella di voler trovare risposte a domande forse troppo scomode. In risposta alla sparizione del consulente egiziano, Irene, la sorella della vittima, ha scritto in un tweet: "Giulio tappati gli occhi e non ti preoccupare, noi non ci arrendiamo".
È forse immaginando gli occhi del fratello, quelli di un giovane con la voglia di scoprire il mondo e di provare a comprenderne anche i meccanismi più impervi, che Irene e la sua famiglia trovano ogni giorno la forza necessaria a cui aggrapparsi per andare avanti. Giulio avrebbe potuto essere uno di noi, e far luce sugli eventi realmente accaduti è quello che un ragazzo come lui, alla continua ricerca della verità, merita di ottenere.