Le indagini condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce hanno portato all'arresto, su un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Lecce - tra Lecce, Brindisi e Taranto - di 50 persone, presunte affiliate della Sacra Corona Unita, come si evince dalle intercettazioni di frasi connesse al clan, accusate di concorso in omicidio con metodo mafioso, detenzione illegale di armi da fuoco e droga.

Tra le accuse anche l'omicidio a San Donaci, in provincia di Brindisi, del figlio di un collaboratore di giustizia, Antonio Presta.

Si tratta del seguito di un'operazione, che a dicembre, per una mancanza di motivazione, aveva visto alcune scarcerazioni. All'"Omega bis" - così è stata denominata tale operazione - sono sfuggite cinque persone appartenenti, appunto, alla Sacra Corona Unita.

Le indagini

Le indagini sono state avviate nel dicembre 2012, quando a San Donaci, fu assassinato Antonio Presta, figlio di Gianfranco Presta, dapprima esponente della Sacra Corona Unita negli anni Novanta e poi collaboratore di giustizia. Esse hanno dato la possibilità non soltanto di arrestare i suoi assassini, bensì anche i ruoli e le responsabilità di ognuno.

Le forze dell'ordine hanno individuato nella persona di Carlo Solazzo l'artefice del delitto, il cui movente concerne la gestione dello spaccio nei territori di San Donaci e Cellino San Marco.

Carlo Solazzo e Antonio Presta, infatti, erano in conflitto, poiché Antonio, in collaborazione con la sorella Daniela - compagna del fratello di Carlo Solazzo - si stava impadronendo della maggior parte del territorio di Cellino San Marco per esercitare il controllo sui suoi traffici illegali.

Ciò limitava pesantemente Carlo Solazzo che, essendo capo di un gruppo criminale, si stava occupando della medesima attività nel medesimo comune.

L'omicidio

La reazione di Carlo Solazzo si ha dopo che, il 15 agosto 2012, i fratelli Presta incendiano una sua abitazione. Il successivo 5 settembre, Solazzo trasforma in fatti la sua vendetta uccidendo Antonio Presta, insieme a un complice che, tutt'oggi, non è stato ancora identificato.

Le indagini, avviatesi immediatamente dopo l'omicidio, hanno fatto sì che le forze dell'ordine individuassero due gruppi mafiosi che operavano nei comuni di Cellino San Marco e San Donaci: si trattava rispettivamente di Piero Soleti e i fratelli Solazzi.

Dopo la scarcerazione, avvenuta nel febbraio 2013, Pietro Solazzo entra in conflitto con il fratello, prima di entrare effettivamente a far parte del gruppo criminale.

In quel periodo i gruppi mafiosi dei due comuni, San Donaci e Cellino San Marco, stipularono una sorta di patto al fine di evitare discordie e sovrapposizione e, gestire - congiuntamente - lo spaccio di droga all'interno delle rispettive piazze, oltre a commettere atti intimidatori, come quello nei confronti del comandante dei carabinieri del comune sandonacese, ad opera di Benito Clemente e Antonio Saracino, che facevano capo al leader Pietro Soleti.