Il criminologo clinico Elisabetta Sionis, consulente di parte della famiglia di Manuel Piredda, deceduto nel rogo di Bacu Abis (Carbonia) nell'aprile 2011, in cui rimase sfigurata Valentina Pitzalis, in questa intervista approfondisce alcuni punti della nuova fase che vede la donna (unica sopravvissuta di quella tragica notte) indagata per omicidio e incendio doloso.
Dottoressa Sionis, proviamo a fare chiarezza su quanto sta accadendo nell'ambito del caso Piredda-Pitzalis: le indagini del 2011 si conclusero con una archiviazione per morte del reo.
Dopo la recente iscrizione di Valentina Pitzalis nel registro notizie di reato, molti sostengono si tratti di una "riapertura" del caso e per un mero "atto dovuto". Si tratta di questo o ci sono elementi investigativi che potrebbero realmente fornire una chiave di lettura differente a quanto cristallizzato sei anni fa?
In considerazione della massiccia disinformazione portata avanti attraverso alcuni media ed alla quale abbiamo assistito sino ad oggi, occorre effettuare alcune precisazioni. Il fascicolo di indagine è stato aperto e non "ri-aperto", come faziosamente insistono alcuni, pertanto, il parallelismo col caso "Sempio/Stasi" citato da più parti non ha alcuna pertinenza.
L'apertura del suddetto nuovo fascicolo è determinata dalla contestuale iscrizione nel registro notizie di reato di Valentina Pitzalis in veste di indagata per omicidio volontario ed incendio doloso e, pur essendo un atto dovuto ai sensi dell'art 335 c.p.p.
(sollecitato da questa difesa dal 14 Ottobre 2016 al 31 Agosto 2017) si fonda su elementi di concreto interesse investigativo e, quindi, il tentativo mediatico e meta-comunicativo messo in atto da taluni al fine di volerlo ridurre a mero "atto dovuto" risulta essere alquanto fallace, se non addirittura ridicolo: a tal riguardo, ricordo che la Procura della Repubblica di Cagliari respinse la prima richiesta di apertura con rigetto firmato dal sostituto procuratore Andrea Schirra, nel novembre 2016, pertanto, nelle more, sono stati evidentemente depositati atti difensivi che hanno verosimilmente assunto caratteristiche di interesse investigativo, considerati degni di un approfondimento da parte dell'organo inquirente di competenza.
Un altro aspetto che crea un certo attrito nella comprensione di cosa sta accadendo è quello relativo all'autopsia. Sul corpo di Manuel Piredda non fu disposta. A sei anni di distanza dai fatti in questione cosa vi aspettate, in termini di evidenze utili alla vostra tesi, da un'eventuale riesumazione?
L'accertamento autoptico costituisce una delle istanze avanzate dalla difesa al fine di acquisire eventuali altri elementi a sostegno della ricostruzione dei fatti del 17 Aprile 2011.
Esso è teso a comprendere come e quando sia deceduto Manuel Piredda attraverso importanti esami irripetibili quali, ad esempio, l'analisi del midollo osseo e della trachea e, non ultimo, se il cadavere presenti delle lesioni dolose.
È bene precisare, tuttavia, che l'autopsia (qualora determinasse risultanze favorevoli alla tesi difensiva) costituirebbe un ulteriore elemento a supporto della comprensione di come si sia svolta la tragedia, ma non è assolutamente l'unico o il più importante fondamento della ricostruzione della criminodinamica dei fatti di causa effettuata dalla difesa.
Dottoressa Sionis, tra gli elementi a suffragio della responsabilità di Manuel Piredda per i fatti di Bacu Abis, uno su tutti sembra aver assunto una notevole forza: il ragazzo, tendendo una trappola all'ex moglie Valentina Pitzalis, l'avrebbe spinta a consegnargli un documento che ne attestasse il cambio di residenza proprio nell'abitazione del giovane.
L'avvocato Sollai, difensore dei coniugi Piredda, genitori di Manuel, in una recente intervista ha descritto qualcosa di diverso: può spiegare di cosa si tratta?
Nel corso della trasmissione "Quarto Grado" dello scorso 8 settembre, l'avvocato Gianfranco Sollai ha affermato che la Pitzalis, contrariamente a quanto dichiarato durante l'interrogatorio a sommarie informazioni del 27 Maggio 2011, non ha mai effettuato alcun cambio di residenza dal 1997 ad oggi e che è sempre risieduta a Carbonia (dove risiede la famiglia della donna), anche nelle more dei cinque anni di convivenza ed in costanza del matrimonio vissuto presso la casa degli ex suoceri, sita a Gonnesa.
L'indagata ha platealmente smentito in diretta televisiva quanto sostenuto dalla difesa e attestato dall'Ufficio Anagrafe di Carbonia per mezzo di certificato storico di residenza (depositato in Procura), sostenendo di poter dimostrare l'opposto.
Il predetto documento assume una doppia valenza: da un lato costituisce lo strumento attraverso il quale Piredda avrebbe convinto Pitzalis a raggiungerlo a casa sua al fine di porre in essere il proprio disegno criminoso teso ad ucciderla e dall'altro, invece, rappresenta il pretesto/alibi che giustificherebbe l'incontro tra l'indagata e l'ex marito, a casa di quest'ultimo. Anche questo elemento di grande interesse criminologico, tuttavia, non è che uno dei tanti altri tasselli che depongono per l'inattendibilità della versione resa dall'unica superstite e testimone oculare del rogo di Bacu Abis, ma se smentito (così come sostenuto dalla Pitzalis) non inficerebbe altri e più interessanti dettagli investigativi da me raccolti, analizzati e depositati dall'avvocato Sollai all'attenzione della Procura.
Torniamo sui famosi guanti, che nel 2011 si è asserito dimostrassero la prova di premeditazione circa l'aggressione ai danni di Valentina Pitzalis. Su questo aspetto a quale ricostruzione è giunta la difesa?
Per quanto attiene la diatriba mediatica (che si basa sulle considerazioni che hanno indotto alla precedente archiviazione) relativa al fatto che Manuel indossasse dei guanti in materiale gommoso o lattice, ribadisco che le risultanze scientifiche certificate dal consulente medico legale, dottor Nicola Monni, specialista in chirurgia plastica e ricostruttiva, escludono categoricamente questa circostanza e attestano che si tratta del cosiddetto fenomeno "delle mani a guanto" che si verifica a causa della sovraesposizione ad altissima fonte di calore.
Va inoltre sottolineato che quanto indicato nel verbale dei Carabinieri circa la probabile presenza di guanti (dettaglio non certificato sulla base di una analisi medico-legale) è stato puntualmente smentito da un professionista del calibro del dottor Monni, il quale ha operato presso il Centro grandi ustionati di Sassari, in Argentina ed in Repubblica Ceca ed è noto in ambito scientifico anche come medico specialista che offre il proprio sostegno in Paesi svantaggiati come il Togo, in collaborazione con l'A.I.C.P.E.
L'illustre Generale Garofano, durante la scorsa puntata di "Quarto Grado", ha giustamente precisato che le fotografie della scena del crimine possono offrire importanti elementi di rilievo investigativo, considerato che il fuoco, come pure lo stato dei luoghi, contribuisce a descrivere la criminodinamica e la tempistica del fatto reato.
Dottoressa Sionis, in merito ai presunti sms scambiati tra i due ragazzi la notte della tragedia, quali sono le certezze e quali i dubbi?
L'indagata sostiene che vi sarebbero degli sms inviati da Manuel alla sua utenza telefonica mobile la sera della tragedia e che costituirebbero una prova circa la trappola ordita dall'ex marito. I suddetti sms non sono mai confluiti agli atti che costituiscono il fascicolo di indagine del 2011 e che si è conclusa con l'archiviazione per morte del reo.
Se dovessero esistere realmente dette comunicazioni (che al momento sono riferite esclusivamente dall'indagata e dai suoi sostenitori) dovranno passare al vaglio della magistratura, considerato che il cellulare di Manuel è stato distrutto ed i tabulati non sono mai stati acquisiti.
Gli sms, infine, di per sé non costituirebbero alcun elemento di prova a carico del defunto Manuel atteso che, se anche li avesse inviati, non certificano di certo la sua responsabilità in merito al tentativo di omicidio e susseguente suicidio.
Last but not least, va ricordato, solo ed unicamente alla stessa stregua con cui taluni specialisti della disinformazione e talaltre opinioniste pseudo-forensi vorrebbero paragonare l'attuale indagine alla riapertura del caso Stasi/Sempio, che Sabrina Misseri, condannata in concorso con la madre per il barbaro omicidio della cugina Sarah Scazzi, utilizzò il telefono di quest'ultima per depistare le indagini.
Dottoressa, Manuel Piredda avrebbe anche subito una condanna per atti persecutori ai danni di una ragazza con la quale, tempo addietro rispetto all’incontro con la Pitzalis, aveva una relazione.
Cosa può dirci a riguardo?
Altri due “cavalli di battaglia” che secondo alcuni deporrebbero in favore della colpevolezza per il tentato omicidio di Pitzalis sono costituiti dalla condanna subita da Manuel Piredda per "atti persecutori" ai danni di una ex fidanzatina, oltre che da una perizia psichiatrico-forense alla quale fu sottoposto in seguito ad una resistenza adoperata nei riguardi di una pattuglia di Carabinieri che lo aveva fermato.
In primis, va specificato che Manuel non è mai stato condannato ai sensi dell'art.612 bis c.p., ma che fu ritenuto responsabile di diffamazione in concorso ex art 595 c.p., reato per il quale, tra l'altro, sembrerebbero rinviati a giudizio anche taluni opinionisti che nelle ultime settimane hanno offerto la signora Mamusa ed il povero Manuel in pasto ai cyberbulli.
Per quanto attiene, infine, il tentativo di etichettare il giovane come un soggetto affetto da patologie psichiatriche, occorre sottolineare che l'accertamento specialistico, al quale fu sottoposto per esigenze processuali, deve essere letto esclusivamente alla luce del contesto storico e fattuale in cui fu svolto.
Lo psichiatra forense, infatti, certificò che la reazione abnorme posta in essere dal giovane durante un fermo al quale fu sottoposto dai Carabinieri, era determinata dall'effetto paradosso scatenato dalla assunzione dello psicofarmaco di cui faceva uso (anche smodato) in quel periodo. Effetto paradosso significa effetto inaspettato e opposto a quello che avrebbe dovuto sortire il farmaco che, notoriamente, ha funzioni ansiolitiche e calmanti e che, contrariamente, provocò nel giovane una reazione aggressiva.
Anche in questo caso, il tentativo di investire di significato un elemento isolato e considerare “la parte per il tutto”, risulta essere esclusivamente uno stucchevole esempio di crassa ignoranza, se non addirittura malafede, oltre che rientrare, allo stato, in una vera e propria azione diffamatoria aggravata dal mezzo stampa.