Ancora sul caso del rogo di Bacu Abis (Carbonia), in cui nella notte tra il 16 e il 17 aprile 2011 morì il 27enne Manuel Piredda e rimase sfigurata Valentina Pitzalis: dopo l’apertura di un fascicolo per omicidio e incendio doloso, che vede la posizione della donna spostarsi su quella di indagata, in molti si chiedono se vi siano elementi precisi che possano portare a un completo ribaltamento della vicenda.

A favore di una sintesi efficace e comprensibile, occorre ricordare che il caso, a suo tempo, venne archiviato per morte del reo, essendo considerata attendibile la versione della sopravvissuta.

Sul cadavere del ragazzo non si effettuò l'autopsia e, ad oggi, la famiglia si interroga sull’esatto motivo del decesso. Manuel Piredda è morto prima o dopo il divampare dell'incendio nella sua abitazione?

Vero è che quella notte del 2011 si è calcificata nel tempo entro i contorni di una vexata quaestio la cui risoluzione, come è giusto che sia, è nelle mani della giustizia. In attesa che si definiscano i termini delle fasi che seguiranno all'iscrizione di Valentina Pitzalis nel registro delle notizie di reato, facciamo un passo avanti nell'approfondimento di quello che sta accadendo.

Per fare questo, ci siamo rivolti alla dottoressa Elisabetta Sionis, consulente della difesa dei Piredda, criminologo clinico esperto in Psicologia giuridica.

Dottoressa Sionis, in che termini si profilerebbe l’inattendibilità di Valentina Pitzalis a cui la difesa fa riferimento?

L'istanza di archiviazione dell'indagine dei fatti del 17 Aprile 2011 si è fondata prevalentemente su due elementi cardine: "l'altissima attendibilità della Pitzalis" e il fatto che Manuel indossasse dei guanti.

In ordine all’attendibilità relativa alle dichiarazioni testimoniali rese ai Carabinieri delegati dall'Autorità Giudiziaria inquirente, dall'unica superstite al rogo di Bacu Abis, posso con certezza affermare di avere raccolto sufficienti elementi a sostegno del fatto che le di lei dichiarazioni testimoniali rese subito dopo l'intervento delle forze dell’ordine.

e dei sanitari, così come quelle rilasciate durante l'interrogatorio del 27 Maggio 2011, non solo possono essere francamente definite traballanti, ma, alla luce degli elementi scientifici, probatori ed altamente indizianti da me raccolti, concretamente inattendibili. Come ho già avuto modo di dichiarare, l'attendibilità generica e specifica del resoconto testimoniale e fattuale della Pitzalis è costellato da una serie di circostanze che necessitano di approfondimenti investigativi. La criminodinamica e la tempistica secondo la quale si sarebbe dovuto evolvere e consumare il fatto-reato del quale si è sempre detta vittima, non hanno trovato alcun riscontro oggettivo e fattuale con le emergenze investigative e scientifiche di cui mi sono occupata con l'ausilio dei consulenti in medicina legale e fotografia.

Per quanto riguarda i guanti che Manuel Piredda avrebbe indossato quella notte, può spiegare nel dettaglio le emergenze investigative cui siete giunti? Ci sono altri elementi di forza su cui si attesta la vostra tesi?

Per quanto attiene il fatto che il giovane indossasse dei guanti in gomma o lattice, va in primis rammentato che la medesima Pitzalis nega la circostanza durante l'escussione della P.G. e va inoltre specificato che, atteso che Manuel vestisse ipoteticamente i suddetti guanti, questi si sarebbero certamente squagliati per l'azione delle fiamme che ne hanno devastato il corpo sino a carbonizzarne alcune parti. La mia tesi ha trovato riscontri oggettivi che sono stati confortati dallo studio scientifico effettuato dal dottor Nicola Monni, il quale ha certificato che quelli che ad un occhio inesperto potrebbero esser sembrati dei guanti, altro non sono che l'esito dell'esposizione del corpo (e quindi delle mani) alla massiccia fonte di calore che ha causato lo scuffiamento della pelle, determinando quello che viene comunemente detto "fenomeno delle mani a guanto".

In questo momento, non intendo soffermarmi sui numerosi elementi in nostro possesso che delineano una non veridicità della testimonianza della Pitzalis e credo che comunque, qualsiasi soggetto dotato di un congruo grado intellettivo/cognitivo e logico/deduttivo, possa rendersi conto che la tempistica riferita dall'indagata in merito all'evolversi del tentativo di omicidio, del quale sino a qualche giorno fa si credeva fosse stata vittima, è pressoché inverosimile: preciso che i Carabinieri furono allertati alle 00.10 e che alle 00.20 erano dentro casa di Manuel, egli era morto, giaceva in posizione fetale dinanzi alla porta di ingresso dell'appartamento che non era chiusa dall’interno. A sua volta, la Pitzalis è stata rinvenuta in un'altra stanza, adagiata sul pavimento, tra la porta della camera e l'andito.

Quando sono intervenuti i militari, nessuno dei due corpi era in preda al fuoco. Vi erano soltanto alcune fiammelle che lambivano la porta di ingresso principale.

Dottoressa Sionis, i genitori di Manuel Piredda si sono chiusi in un rigoroso silenzio stampa e si tratta di una scelta che va quasi a “contenere” il clamore di quanto accaduto in questi giorni. Cosa può dire a riguardo?

Attualmente abbiamo esentato i signori Piredda da qualunque contatto con la stampa anche in considerazione del particolare stato emotivo e psicologico in cui versano. In questo momento sono più fragili che mai, dato che se da un lato auspicano che il corpo del loro unico figlio venga riesumato e sottoposto quanto prima agli accertamenti autoptici, dall'altro soffrono per il medesimo motivo.

Hanno di recente rilasciato la loro prima ed unica intervista al Tgr Sardegna, ma per il momento si asterranno dal fare qualunque dichiarazione, delegando a me e all'avvocato Sollai questo compito.

La Pitzalis, oggi indagata per reati ben più gravi di quelli dei quali aveva accusato l'ex marito, ha facoltà di difendersi e se dovesse essere processata e ritenuta responsabile delle condotte per le quali si procede, avrebbe il diritto di poter ricorrere in appello e Cassazione. Sarebbe opportuno che l'indagata, poiché al momento è sottoposta dalla Procura ad una attenta analisi per gravissimi fatti-reato, si astenesse dal continuare ad indicare Manuel come colui che ha tentato di ucciderla e ponesse, allo stesso tempo, fine alle pubbliche dichiarazioni diffamatorie nei confronti dei genitori dell'ex marito deceduto. Allo stesso modo, sarebbe auspicabile che, fintanto che non sia chiarita la sua posizione giuridica e la sua totale estraneità ai gravissimi fatti-reato per i quali è sottoposta ad indagine, si astenesse dal partecipare a tutte le manifestazioni (anche quelle previste per il prossimo 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne) e dal continuare ad ergersi al ruolo di vittima di tentato femminicidio.

Dal 2011 uno degli aspetti più a lungo dibattuti del caso Pitzalis resta l’archiviazione per morte del reo, che per i non addetti ai lavori costituisce un cardine di certezza sulla pregressa conclusione giudiziaria per i fatti di Bacu Abis. Ma, come sollevato a più riprese dall’avvocato Sollai, un decreto di archiviazione non è una condanna. Cosa significa e quali sono le precisazioni tecniche a riguardo?

Concludo con alcune precisazioni di carattere tecnico-giuridico: la Pitzalis sino a pochi giorni fa ha insistito col definire Manuel colpevole, tuttavia, lo stesso non può e non deve ritenersi colpevole in quanto nessuna sentenza emessa da alcun giudice ne ha provato e stabilito una condanna.

Occorre distinguere puntualmente tra decreto di archiviazione per morte del (presunto) reo e sentenza di condanna del reo. Il decreto di archiviazione ha determinato l'estinzione del reato in quanto il presunto reo era deceduto e non poteva, pertanto, essere sottoposto ad un interrogatorio di garanzia e assumere la figura giuridica di imputato, così come non poteva essere accertata una sua concreta responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio attraverso un giusto processo ed i suoi eventuali tre gradi di giudizio, sino a sentenza definitiva. Manuel è stato, unicamente, indagato, ma mai nessun giudice ha potuto stabilire se davvero fosse colpevole dei gravissimi reati contestatigli.

Dottoressa Sionis, per capire qualcosa di più sul suo conto abbiamo dato un’occhiata al suo curriculum.

Lei è un criminologo clinico esperto in Psicologia giuridica e quello come consulente della difesa dei Piredda è l’ultimo di una lunga serie di incarichi. Si è occupata di soggetti condannati per mafia, camorra, terrorismo internazionale.

Per diversi anni ha partecipato alle attività di ricerca scientifica e didattica del Centro di Psichiatria forense, Criminologia e Difesa sociale della Clinica psichiatrica dell’Università di Cagliari, diretta dalla prof.ssa Nereide Rudas, scomparsa recentemente e considerata un’istituzione nel settore.

Per 10 anni ha svolto il lavoro di gup presso il tribunale per i minorenni di Cagliari. Tra le sue specializzazioni, figura quella in comunicazione verbale e comunicazione non verbale, con un’esperienza di rilievo nell’ambito della formazione: per circa 15 anni ha svolto il ruolo di docente formatore del Ministero della Giustizia, per tutto il personale dell’amministrazione penitenziaria sarda, in tematiche specifiche tra cui serial killers, violentatori seriali e sex offenders.

Per 20 anni è stata perito di fiducia del tribunale di sorveglianza di Cagliari per perizie relative a soggetti che hanno commesso reati contro la libertà sessuale, omicidi efferati, reati legati al narcotraffico, alla mafia e al terrorismo islamico.

La sua partecipazione è registrata a congressi nazionali e internazionali tra nomi del calibro di George B. Palermo, Francesco Bruno, Massimo Picozzi, Natale Fusaro, Simonetta Costanzo, Vincenzo Mastronardi. Sua anche la firma di numerose ricerche scientifiche, che attribuiscono al suo profilo professionale una notevole competenza.

Alla luce della sua esperienza, può dirci quanto incide la comunicazione non verbale nella comprensione di casi controversi?

La comunicazione non verbale costituisce il 75% della comunicazione umana. È impossibile non comunicare e anche i nostri silenzi, i cali o gli aumenti del tono della nostra voce, le pause e le accelerazioni del discorso, così come l'abbigliamento, la postura. la mimica facciale, i pianti e le risate, i tatuaggi o altre decorazioni o segni di autolesionismo sul corpo, rimandano alla nostra personalità. Pertanto, l'attività e l'inattività, le parole e i silenzi contengono un messaggio, così come ne sono portatori la scelta di determinati termini piuttosto che altri e la gestione dello spazio prossemico.

Nel caso in questione, lo studio della comunicazione, e soprattutto del linguaggio analogico, è stato fondamentale al fine di addentrarmi nelle numerose e marcate incongruenze e contraddizioni espresse a partire dalla stesura del diario del 2005 sino alle recenti esternazioni dell'indagata in occasione delle sue conferenze stampa e interviste televisive. In definitiva, la costante che emerge è che l'indagata disconfermi con la comunicazione analogica quanto ha appena asserito attraverso la comunicazione digitale, ossia verbale. Il suo peculiare modo di relazionarsi e meta-comunicare, infine, è riconducibile ai particolari tratti che costituiscono la sua struttura di personalità, da me dettagliatamente analizzata ed osservata nel corso di questo certosino lavoro di ricostruzione dei fatti di causa.