L’arresto dei quattro presunti responsabili del duplice stupro di Rimini, avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 agosto scorso, non mette di certo la parola fine su questa tragica vicenda. Il governo della Polonia, per bocca del viceministro della Giustizia, Patryk Yaki, chiede l’estradizione dei quattro ragazzi di origine africana per l’aggressione alla coppia dei due suoi concittadini al lido 130 del lungomare riminese. Eventualità difficilmente realizzabile di fronte a reati come rapina aggravata, violenza sessuale di gruppo e lesioni aggravate di cui è accusato il branco.
Yaki parla addirittura di “pena di morte” e reintroduzione della “tortura”. A spalleggiare la richiesta polacca, però, ci pensano Matteo Salvini e giorgia meloni, rispettivamente leader della Lega e di Fratelli d’Italia. Secondo loro il sistema carcerario e giudiziario italiano sarebbe troppo ‘morbido’, a differenza delle prigioni polacche.
I post di Meloni e Salvini
“La Polonia chiede l'estradizione del branco di stupratori di Rimini - scrive questa mattina Giorgia Meloni sulla sua pagina Facebook - Giusto, diamoglieli subito. Vediamo se continuano a fare gli spiritosi lontani dal pietoso sistema giudiziario italiano”. Parole durissime che fanno da eco a quanto postato, sempre sul social network, da Matteo Salvini il giorno precedente.
“La Polonia vuole i quattro presunti stupratori di Rimini - aveva scritto in maniera ancor più telegrafica il segretario leghista, ottenendo decine di migliaia tra visualizzazioni e like - Mandiamoglieli, subito! Così si fanno un bel po’ di galera, ma quella giusta. Siete d'accordo?”.
Estradizione in Polonia difficile da ottenere: ecco perché
Peccato che le speranze dei politici nostrani e del governo di Varsavia siano probabilmente destinate a sbattere contro un muro. Come accennato in precedenza, infatti, l’estradizione in un paese straniero è molto difficile di fronte a reati di questa natura, seppur gravissimi.
Le accuse di rapina aggravata, violenza sessuale di gruppo e lesioni aggravate non giustificano, dunque, l’estradizione in Polonia. L’unica speranza per i ‘giustizieri’ polacchi sarebbe l’emissione di un mandato di arresto europeo da parte delle autorità italiane, eventualità che la magistratura deve ancora vagliare. Intanto, il viceministro Yaki parla senza peli sulla lingua circa l’eventuale destino che attenderebbe il branco una volta estradato nelle carceri polacche: “Per questo tipo di reati il minimo è la pena di morte, ma io tornerei alla tortura”.