L'intervista realizzata da Maurizio Costanzo a Pietro Maso, che nel 1991 quando aveva vent'anni uccise i suoi genitori nella speranza di riscuotere l'eredità, ha scatenato un putiferio di polemiche. "Perché intervistate un assassino? Cosa c'è da capire da uno che ha ucciso i genitori?" - "Dare visibilità a un criminale per fare audience è squallido" - "Che pessimo esempio per le nuove generazioni. Siamo un paese ridicolo. Ormai se ammazzi qualcuno non solo esci di prigione dopo pochi anni, ma diventi pure famoso". E' questo il tenore della maggioranza degli oltre 2mila commenti apparsi sulla pagina Facebook di Maurizio Costanzo.

La vicenda di Pietro Maso

Coloro che nel 1991 erano abbastanza adulti probabilmente ricorderanno ancora la vicenda, che anche all'epoca suscitò grande clamore tra l'opinione pubblica. All'epoca Maso aveva 20 anni, e viveva con i genitori in una confortevole villetta. Essendo cresciuto in una famiglia molto religiosa Pietro da bambino aveva fatto il chierichetto e aveva studiato presso un seminario, ma quando diventò maggiorenne iniziò a cambiare. Si dedicava a lavori saltuari e amava fare la bella vita, vivendo al di sopra delle sue possibilità, frequentando locali rinomati e lussuosi.

Nonostante fosse senza lavoro riuscì ad ottenere in banca un prestito da 25 milioni di vecchie lire per acquistare un'automobile, ma quando i suoi genitori si opposero all'acquisto anziché restituire il denaro lo spese in ristoranti e locali da ballo, trovandosi in difficoltà quando gli fu chiesto di restituirlo.

Pietro falsificò un assegno bancario a nome dei genitori, e fu in quel frangente che decise di trucidarli prima che questi se ne rendessero conto.

I tentativi falliti di uccidere i genitori

Nel Marzo del 1991 Maso ordì un piano per uccidere i genitori mediante delle bombole di gas poste nella taverna dell'abitazione dove viveva con i genitori e le sorelle.

Sistemò una sveglia in modo che il suono attivasse automaticamente delle luci da discoteca provocando la scintilla necessaria per incendiare il gas disperso nell'ambiente. Tuttavia Maso riferisce di non aver avuto il coraggio di agire, e che non avendo messo a posto gli oggetti nella taverna fu scoperto. Fallito il primo tentativo, Maso pensò di far uccidere sua madre da un suo amico, che avrebbe dovuto colpire la donna alla testa con un batticarne.

Ma questo quando si presentò l'occasione ebbe paura e desistette dal farlo.

L'omicidio

Ad Aprile Maso provò nuovamente ad uccidere i genitori, e questa volta riuscì nel suo intento. La sera del 17 Aprile si trovò con tre amici, e determinati a togliere la vita al padre e alla madre di Maso, si recarono presso la sua abitazione, dove attesero che i genitori facessero ritorno a casa, verso le 23.00. Tolsero la corrente alla casa, in modo da spingere il padre a recarsi verso il contatore elettrico. Una volta che l'uomo salì al piano superiore Maso e un suo amico lo presero a sprangate. Quando anche la madre si recò sul posto subì la stessa sorte, dopodiché i coniugi furono uccisi mediante strangolamento.

Maso ed i complici lasciarono l'abitazione in disordine, come per simulare un furto. Dopodiché due amici si dileguarono, mentre Maso e un altro amico si recarono presso una discoteca, in modo da crearsi un alibi. In seguito Maso fece ritorno a casa e finse di aver ritrovato i corpi senza vita dei genitori, coinvolgendo un vicino di casa. Quando le forze dell'ordine giunsero sul posto notarono che la confusione lasciata nell'abitazione non sembrava quella tipica di un furto, e ad aumentare i sospetti contribuì anche l'atteggiamento di Maso, che non appariva sotto choc dalla morte violenta dei genitori. In seguito le sorelle scoprirono l'assegno da 25 milioni intestato ad un amico di Maso che aveva partecipato al delitto, e gliene chiesero conto.

Lui affermò che quei soldi fossero suoi, ma quando subì il terzo grado dalle forze dell'ordine confessò l'omicidio, cosa che fecero anche i tre suoi amici complici.

La condanna

Per l'omicidio dei genitori Pietro fu condannato a 30 anni di prigione, mentre due complici furono condannati a 26 anni e un terzo, che all'epoca era minorenne, se la cavò con 13 anni di reclusione. All'inizio Maso fu considerato capace di intendere e di volere, ma nella sentenza definitiva fu ritenuto seminfermo di mente. Ha scontato 22 anni di reclusione, ed è stato rimesso in libertà nel 2013. Quando uscì pubblicò un libro con le sue confessioni. Ma le disavventure dell'uomo non sono finite. Nel 2016 è stato indagato per tentata estorsione alle sorelle, che furono messe persino sotto protezione. E pochi mesi dopo fu ricoverato in una clinica per problemi psichici e dipendenza da droga.