L'iniziale incertezza intorno all'esito del referendum con cui la catalogna chiede l'indipendenza da Madrid è stata sciolta, ma non definitivamente. Il presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont, ha dichiarato di aver visionato l'esito delle votazioni tramite cui si è espresso più del 40% degli aventi diritto al voto il 1° Ottobre scorso.

Tante aspettative per le parole di Puigdemont

Il capo del Governo autonomo catalano di centrodestra era atteso oggi alla sede della Generalitat per pronunciare un discorso storico: a Barcellona, intorno alle 18 ora locale, si sarebbe deciso un violento strappo dalla monarchia madrilena oppure una pacificazione coi poteri centrali.

Gli autonomisti, forti del 90% di consensi espressi per il Sì, attendevano quindi una decisione storica per il futuro della regione nordorientale della Spagna.

Le parole tanto attese, in effetti, sono giunte per tempo; richiamando all'unità popolare l'intera popolazione spagnola, Puigdemont ha sospeso la seduta per avviare delle consultazioni pacifiche col Governo formato dal Partido Popular del premier Mariano Rajoy, dichiarando che ciò fosse "necessario per rasserenare gli animi evitando ulteriori scontri".

Tenendo conto dei fatti avvenuti nel recente passato, la frenata del capo della lista Junts pel Sì potrebbe essere dovuta ad un progressivo abbandono della causa sul piano della partecipazione popolare (mezzo milione di persone sarebbe sceso sabato in piazza a Barcellona per sostenere la causa unionista) e governativa (la stessa Ada Colau, sindaco di Barcellona, avrebbe tentato di riappacificare i contendenti), all'accoglienza poco entusiastica data alle ragioni indipendentiste da parte di UE e mercati finanziari.

Rajoy: referendum incostituzionale e poco trasparente

Il capo del Governo centrale, dal canto suo, ha ribadito la chiusura totale di Madrid al dialogo in tema. Le ragioni sono quelle ribadite sin dal primo istante da Rajoy: un referendum non può disporre dell'unità nazionale, che la Spagna ha il compito di tutelare con ogni mezzo necessario; specialmente nel momento in cui si esprime favorevolmente all'indipendenza solo il 37% dei cittadini catalani aventi diritto, secondo i dati ufficiali (che non tengono comunque conto dei vari casi di brogli riscontrati in più seggi).

Tra vari accenni alla sovranità del popolo non schierato con JPS e CUP e richiami minacciosi alle responsabilità di governo e all'articolo 155 dell Costituzione, dunque, la figura di vertice dei popolari spagnoli ha rimarcato per l'ennesima volta l'inammissibilità della questione e le responsabilità degli amministratori arrestati per i fatti del 20 settembre scorso.

Non sono neanche trascurabili le conseguenze pendenti in capo a Puigdemont in caso di incriminazione per sovversione: proceda o meno la Procura in tal senso, dunque, pare che per ora la prospettiva di una condanna a 25 anni di carcere abbia indotto il presidente catalano a scendere a più miti consigli con Madrid.