Il Boia non ha avuto alcun ripensamento dettato da pietà o clemenza per le condizioni di un uomo che di fatto già è un condannato a morte. A fermare la mano legittimata dalle leggi dello Stato ad uccidere un detenuto, è stato un problema 'tecnico', peraltro già noto alla Corte. In Alabama i funzionari della morte sono stati costretti a rinviare l'esecuzione della pena capitale di Doyle Lee Hamm, un recluso di 61 anni, malato terminale di cancro al sistema linfatico e al cervello ed ex tossicodipendente perché non sono riusciti a trovare una vena 'disponibile' per praticare l'iniezione letale.

L'uomo ha trascorso più della metà della sua vita nel braccio della morte in attesa di condanna.

Due ore e mezza di tentativi falliti

L'Alabama è uno dei 31 degli stati Usa che prevedono la pena di morte sia con la sedia elettrica che tramite iniezione letale. Nella stanza della morte di un penitenziario di questo stato, a fermare il boia è stato un imprevisto solo a metà. Doyle Lee Hamm, detenuto recluso per aver ucciso nel 1987 il dipendente di un motel nel corso di una rapina, era in attesa della sentenza da 30 anni. Malato terminale di cancro, sapeva che il giorno fissato era giovedì 22 febbraio. In quel giorno forse ha espresso gli ultimi desideri, detto qualche preghiera e in preda alla paura, si è preparato all'atto finale della sua vita.

Invece, una volta entrato nella camera della morte, immobilizzato sul lettino ha dovuto subire un supplizio alla fine ben peggiore della morte stessa. In due ore e mezza di accanimento, ben due team di medici gli hanno praticato 12 buchi a braccia e gambe alla ricerca di una vena disponibile per praticargli l'iniezione letale.

Poi l'hanno messo persino a pancia sotto, infine hanno cercato di introdurre aghi nell'inguine. I tentativi sono tutti falliti dal momento che le vene del detenuto sono compromesse da un passato all'insegna di abusi di droghe assunte per via endovenosa e dalle cure del cancro. A mezzanotte i tentativi sono stati interrotti solo perché la legge non consente di superare quell'orario.

Una lunga tortura

A denunciare il terribile accadimento definendolo una tortura, è stato Bernard E. Harcourt, l'avvocato del condannato a morte che prima della data dell'esecuzione ha presentato ricorso perché venisse revocata la condanna a morte definita particolarmente crudele e immotivata, in virtù delle gravissime condizioni in cui versa il cliente. Dal luglio scorso, il legale ha fatto presente al personale del carcere che per le condizioni cliniche di Hamm, malato oltre che di cancro anche di epatite C e con un passato da tossicodipendente, le sue vene sono compromesse e l'esecuzione sarebbe potuta fallire, come di fatto è poi accaduto. Ma non è stata accolta alcuna richiesta e anzi le autorità hanno risposto di sapere quel che stavano facendo e di avere la situazione 'sotto controllo'.

Tre giorni prima dell'esecuzione, il giudice distrettuale Karon O Bowdre ha reso noto il parere di un medico indipendente chiamato dalla Corte ad esprimersi sul caso. Una consulenza che avalla la volontà da parte della Corte, dopo 30 anni di attesa, di procedere a tutti i costi. Dalla consulenza emerge infatti che le vene periferiche del signor Hamm nelle sue estremità superiori, sebbene accessibili, sarebbero più difficili da raggiungere e richiederebbero un operatore esperto che utilizzi una guida ecografica, mentre quelle delle estremità inferiori sarebbero state senz'altro disponibili. Ora Hamm già devastato dalla malattia, è ricoverato sotto choc e in gravi condizioni. L'iniezione è stata rinviata a data da destinarsi. L'unica opzione concessa al condannato: chiedere di essere ucciso con la sedia elettrica.