In questi giorni la Cassazione ha emesso la sentenza definitiva: nessuna attenuante etica per il gesto dell'ottantatreenne fiorentino, confermando così la condanna. L'anziano nel 2014 aveva ucciso la moglie malata di Alzheimer per porre fine alle sofferenze di entrambi, poi costituendosi subito dopo. L'uomo, probabilmente in preda ad un crollo emotivo, ha compiuto un atto definitivo e irreversibile: afferrata la moglie dal collo, l'ha soffocata con una sciarpa. La donna aveva 88 anni. L'uomo si era dichiarato esasperato e addolorato dall'assistere alle continue sofferenze della donna che ha amato.
Al centro del dibattito tra etica e libertà: l'eutanasia
L'eutanasia, ovvero la possibilità di porre fine alla vita di una persona terminale o cronica in presenza di un'assistenza medica, non è legale nel nostro paese. Le questioni rispetto al fine vita sono un tasto che è stato toccato solo recentemente in Parlamento. Nonostante il dibattito sul fine vita sia molto acceso e controverso, in Italia sono sempre di più i malati terminali che lottano per la legalizzazione dell'eutanasia. La discussione si pone su piani legali e su piani etici: se le leggi possono cambiare, è invece più difficile scardinare dei valori e degli atteggiamenti, dei dogmi e delle assunzioni a cui ci si lega e dai quali è difficile divincolarsi.
Tradizione o cambiamento?
Nell'ottica della Psicologia sociale, l'appartenenza all'una o all'altra categoria è necessaria e funzionale alla gestione di situazioni emozionali specifiche. Conservatori e progressisti differiscono soprattutto per il loro diverso atteggiamento nei confronti del cambiamento.
I conservatori mostrano un notevole attaccamento alle tradizioni e sono riluttanti rispetto alle situazioni nuove, soprattutto se caratterizzate da ambiguità.
Al contrario i progressisti si mostrano maggiormente liberi da vincoli tradizionalisti e tollerano meglio le situazioni che conoscono poco. Le differenze tra conservatori e progressisti sono evidenti in tutte le situazioni e gli ambiti.
Tra la genetica e la quotidianità
Uno studio condotto da Castelli, Rossi & Carraro nel 2013, evidenziò proprio come l'appartenenza all'una o all'altra categoria determinasse anche i processi di scelta più irrilevanti, come le preferenze rispetto all'acquisto di oggetti di uso domestico dalle caratteristiche e dal design tradizionale.
Anche nella scelta dei marchi da acquistare, i conservatori si mostrano tendenzialmente più polarizzati verso la scelta di marchi noti piuttosto che innovativi o sconosciuti.
Numerosi studi hanno dimostrato anche come le differenze significativamente rilevate tra orientamento conservatorio e orientamento progressista, siano determinate in buona parte anche da condizioni biologiche. Esse sembrerebbero, in parte, dipendere infatti da differenze nella strutturazione delle aree del cervello predisposte alla reazione al rischio e alle situazioni impreviste. Quindi, quella parte del cervello che reagisce all'incertezza, è diversa tra conservatori e progressisti. Ovviamente a dire l'ultima parola sarà sempre il risultato complessivo dell'intrecciarsi dei fattori genetici con quelli culturali, umani, sociali.
L'attaccamento ai valori e alle tradizioni
Il cambiamento di cui sopra è una concezione più ampia di ciò che pare. Il conservatore, per cambiare, deve rinunciare ad una vasta e radicata rete di valori, convinzioni, credenze che sono tutte alla base delle proprie scelte e del modo con cui essi affrontano le diverse situazioni. Si tratta di accettare di poter cambiare se stessi, prima di accettare che cambi qualcosa nel mondo.
I valori sono però davvero la guida di ogni nostra azione, talvolta in modo consapevole, altre volte in maniera assolutamente automatica. I valori sono idee, convinzioni, gerarchicamente organizzati e quanto più essi si trovano al punto più alto della gerarchia, tanto più sarà difficile abbandonarli. Per questa ragione siamo ancora al centro di profonde discussioni su temi caldi, come la legalizzazione dell'eutanasia, delle droghe leggere o del matrimonio egualitario.