"Un Capitano, c'è solo un Capitano". Si alza l'urlo straziante dei tifosi, e non solo, all'uscita del feretro dalla basilica di Santa Croce. E' l'ultimo saluto, che in molti resta strozzato in gola, a Davide astori, in una Firenze ancora attonita. In migliaia si sono presentati ieri ai funerali del giocatore simbolo della Fiorentina dei nostri giorni. Un giocatore amato come Antognoni e Baggio, che da queste parti hanno scritto pagine indelebili di calcio e vita. Astori era il leader indiscusso della Viola. Lo era all'interno del rettangolo di gioco.

Lo era fuori. Era il volto di una squadra, di una città, di un popolo appassionato. "Sei il figlio e il fratello che tutti vorrebbero avere. Il miglior compagno di squadra", così Milan Badelj, che ha preso la parola per tutti fra la commozione generale. "Hai parlato con la lingua universale, quella del cuore". Un pensiero che la dice lunga sulla grandezza e, soprattutto, sul carisma di "un uomo con la U maiuscola".

Modello da seguire

Badelj ha definito Astori "la luce", perché era sempre il Capitano ad accendere la luce al mattino, quando arrivava nella stanza del fisioterapista. Un aneddoto raccontato in lacrime dal centrocampista croato. L'arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, si è soffermato sul "progetto di vita" di Astori, che lo ha legato a Francesca, sulla sua tenerezza paterna, sul suo impegno come uomo di sport, un modello da seguire, un esempio da studiare per giovani e meno giovani.

Nel giorno dell'addio non solo sportivi, tifosi e giocatori della Fiorentina. Anche diversi campioni, da Buffon a Pjanic, da Totti a Pirlo, da Balotelli a Borja Valero. Presenti delegazioni di tutti i club.

Coraggio, altruismo e fantasia

Le bandiere al vento, gli striscioni appesi ai balconi, le sciarpe tenute strette fra le mani, lunghi applausi, Firenze si è stretta così per l'ultima volta attorno ad Astori, sin dall'arrivo della salma da Coverciano, nella mattinata.

Una breve sosta di fronte allo stadio "Artemio Franchi", dove Astori ha conquistato l'affetto dei fiorentini, dando sempre il massimo ogni domenica, con l'umiltà dei grandi, la saggezza dei forti e lo spirito del gladiatore, del giocatore che si vede "dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia". Parole di una famosa canzone Francesco De Gregori, "La leva calcistica della classe '68", che oggi sembrano scritte proprio per lui.

Tutta l'Italia ha seguito i funerali on line e in tv, senza distinzione di squadra e colori. Un abbraccio immenso, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia, a un figlio di questa terra scomparso a soli 31 anni.

Difensore di lungo corso

Davide Astori era di San Giovanni Bianco, un piccolo centro della provincia di Bergamo, che conta poco meno di cinquemila abitanti, nella Val Brembana, a trenta chilometri dal capoluogo. Difensore di lungo corso, classe 1987, aveva cominciato a tirare i primi calci a San Pellegrino Terme, con un sogno nel cuore, quello comune a molti bambini di tutte le generazioni: diventare un calciatore vero. Nel 2001 l'arrivo al settore giovanile del Milan, dopo due anni al Ponte San Pietro.

Poi la Serie C, con la maglia del Pizzighettone, nella stagione 2006-2007, 25 presenze, un gol. Con la sconfitta nei play out contro la Sangiovannese, la squadra lombarda retrocedeva in C2. Dal 2007 al 2008 la Cremonese, 31 presenze, e successivamente il Cagliari. Una lunga permanenza in Sardegna, dal 2008 al 2014, in Serie A, 174 presenze e 3 gol. Dal 2014 al 2015 la Roma, 24 presenze e un gol, e dal 2015 la Fiorentina. Astori aveva indossato anche la maglia della Nazionale under 18, quattro volte, e quella della squadra maggiore, 14 presenze e una rete.