Barin Kobani era una ragazza, una combattente dell’YPJ (Yekîneyên Parastina Jin), la falange femminile dell’Unità di Difesa Popolare del Kurdistan. Lottava per l’autodeterminazione del suo popolo e per questo è stata ammazzata.
È stata trucidata dall’esercito turco, alleato all’interno dei confini siriani con le milizie anti-Assad (Presidente siriano) facenti capo ad Al-Qaeda, Isis e mercenari di ogni sorta.
Barin è deceduta nel villaggio di Qurna, a nord della città di Afrin che fu sottratta agli Jihadisti nel 2016 dall’esercito curdo e che ora, cioè da quando il Presidente turco Recep Tayyp Erdoğan, circa un mese fa, ha ordinato l’offensiva contro i curdi che abitano questa regione della Siria, da parte del suo esercito, vive sotto perenne assedio.
I soldati che l’hanno massacrata, una volta recuperato il corpo hanno girato un video con un telefonino e pubblicato online. Nel video si vede un corpo ricoperto di sangue e con parti del corpo recise, circondato da militari.
Questo modo di fare, descrive perfettamente la brutalità contro la quale deve avere a che fare la gente che abita i territori del Kurdistan (che si estendono dalla Turchia all’Iraq e che attraversano anche la Siria).
Nel video si sentono voci che incitano ad Allah e che parlano di Barin come una combattente del PKK (il Partito dei lavoratori del Kurdistan), il cui leader Abdullah Öcalan si trova attualmente detenuto, (unico presente) nell’isola-carcere di Imrali, al largo delle coste curde, con l’accusa di terrorismo e il suo partito è stato definito un’organizzazione terroristica da parte di Turchia, Unione Europea e Stati Uniti d’America.
Erdogan continua la strage di curdi e dichiara che il suo intento è quello di cacciarli sia dalla Siria che dall’Iraq
E la NATO, a parte qualche sporadica critica, non sembra voler intervenire per interrompere quella che è già diventata una crisi umanitaria: Ad Afrin ci sono più di duecentomila persone senza cibo e acqua.
Dal canto loro l'esercito dell'YPG, se da una parte ammette la sconfitta, dall'altra avverte che la sconfitta subita ad Afrin (che nel frattempo è saccheggiata dalle forze turco-jihadiste) non è altro che una battaglia persa e minaccia avvisando che diventeranno un incubo continuo per la Turchia e i loro alleati, sino a quando la popolazione curda non potrà avere la propria Nazione riconosciuta in toto anche dalle forze occidentali.
Lo scontro si fa sempre più aspro, nonostante la resistenza effettuata da parte dell'esercito curdo nei confronti dei combattenti dell' Isis avesse fatto pensare che, in cambio della sconfitta inflittagli avrebbero, finalmente, visto riconosciuto il loro diritto all'autodeterminazione.