Passi, minuscoli atti motori, perfettamente naturali. Ogni giorno, in tutto il mondo, miliardi di persone muovono infiniti passi nelle direzioni più disparate, nelle scuole, a lavoro, nelle università. Oggi, però, in Corea vengono mossi passi importanti, decisivi, storici.

Al confine tra le due Coree, quella solare del Sud e la controversa sponda del Nord, normalmente protetto dai militari di entrambe le nazioni, il Leader supremo della Repubblica Popolare Democratica di Corea Kim Jong-un (nome completo, senza esagerazioni goliardiche) e il Presidente sudcoreano Moon Jae-in si sono incontrati, stretti la mano e passeggiato letteralmente a braccetto oltre il minuscolo muretto in cemento che divide da secoli i due Stati.

Piccoli gesti che cambiano la storia

Un evento epocale, di una forza storica e culturale immensa, se si pensa ai più decenni di conflitto dalla divisione dell'allora penisola coreana. Anni di lotte, di tentativi di reinstaurare un governo centrale che ha il suo culmine nella Guerra di Corea (1950-1953) dove, ancora una volta, interessi occidentali e russi si sono scontrati spendendo migliaia di vite e rendendo quel confine sempre più alto, dai suoi quasi 5 centimetri di altezza effettiva. Oggi, finalmente, quel confine è stato scavalcato. Non è notizia che un nordcoreano o un sudcoreano qualsiasi lo abbiano fatto. Quello succede già, in caso di parenti che vogliano ricongiungersi ad esempio; in zone demilitarizzate e protette, immediatamente circostanti al perimetro, certo, ma succede.

Quello che non era mai successo è che il leader statista della Corea del Nord ha attraversato il confine e, peraltro, senza armi o carroarmati, ma portando con sè soltanto un largo sorriso e una mano salda a cercare quella di Moon, per una volta l'una verso l'altra.

La sfilata dei due leader ha raggiunto così l'ampio palazzo di pace che porta il nome di denuclearizzazione, con la promessa di Kim di rispettare, una volta tanto, gli ordinamenti che egli stesso sottoscrive, regalando peraltro ai giornali una frase che rischia già di essere invasa da una epicità storica al pari di molti altri aforismi: "Giuro di non svegliarti più all'alba", pare abbia detto Kim al Presidente sucoreano, riferendosi al lancio di missili.

Leggermente scabroso, ma efficace, soprattuto per i giornali.

E' necessario però interrogarsi, dati i precedenti tentativi di pace, quali potrebbero essere i riscontri prima di tutto sociali in una possibile alleanza e, perchè no, riunificazione dei due Stati. Bisogna innanzitutto analizzare quanto è socialmente stabile e forte ciascuna delle due sponde, immergersi appieno nello studio del funzionamento delle loro autorità e cercare di capire perchè e come una concreta fusione dei due Stati appare quantomeno irragiungibile o, utopisticamente, molto difficilmente sopportabile da entrambe le bandiere.

In questo caso, dunque, la sociologia può aiutarci molto più della politica, per aiutarci a portare alla luce due facce molto differenti tra loro.

Differenze politiche, economiche e sociali

Tra le moltitudini di differenze strutturali nelle società di corea del sud e Corea del Nord, non può e non deve pasare inosservata la pesante differenza politica. In che senso?

La Corea del Sud, fin dall'anno della separazione e quindi della sua fondazione, si è sviluppato anche e soprattutto grazie alla protezione statunitense che da sempre grava attorno al governo. Una forte predisposizione alla democrazia è dunque molto ben radicata all'interno dello Stato e, di conseguenza, anche nei cittadini stessi.

Tzvetan Todorov, rifacendosi ai più grandi rivoluzionari francesi dell'800', definiva il concetto di democrazia come di un ideale, un movimento che promuovesse al suo interno uno Stato fortemente liberale, volto al progresso e soprattutto all'importanza che il popolo detiene nell'amministrazione del governo, basando gran parte del suo progetto sull'uguaglianza di diritto dei cittadini che, così tutelati, avrebbero convissuto e proliferato al servizio del bene comune.

Certo, non tutti gli stati democratici osservano con così tanta devozione lo spirito solidale e meritocratico espresso dai rivoluzionari, tanto che sarà poi lo stesso Todorov ad enunciare i grandi nemici interni della democrazia, ossia l'esasperazione dei suoi tre più grandi fondamenti: ultraliberalismo, messianismo (inteso come vera e propria esportazione della democrazia, e di cui quindi la Corea del Sud è figlia diretta) e populismo.

Di questi, proprio il populismo è un'importante chiave per capire cosa non va oggi in Corea del Nord.

Iniziamo subito col dire che Kim Jong-un è quanto di meno democratico ci si possa aspettare da un leader politico. Lo Stato stesso è infatti nient'altro che una dittatura di stampo prevalentemente comunista, tanto più simile all'ex unione sovietica di quanto siano gli altri moderni stati comunisti. La chiusura del mercato e i continui embargo opprimono incessantemente il paese mentre povertà e carestie dilaniano da sempre la popolazione. Si parla di dati sconcertanti. Circa il 60 % dei bambini all'inizio degli anni 90' era vittima di malnutrizione e i vari flussi epidemici hanno spesso messo in ginocchio il popolo asservito all'autorità.

Oggi, con le moderne comunicazioni ma soprattutto grazie ad aiuti fondamentali degli altri paesi, la nordcorea è riuscita a superare in minima parte i problemi dovuti alla scarsità di risorse, uscendone ferita e sviluppando un tessuto sociale assai più conforme e non incline ad influenze di culture esterne, tanto da richiamare la definizione di rete sociale a maglie strette propria di stati arretrati e poco razionalizzati. In sostanza, dalla Corea del Nord "niente entra e niente esce". Altro fondamentale problema della Nordcorea è sicuramente, come detto prima, la questione populismo e più in particolare un germe venefico nato proprio da quest'ultimo, ossia la plutocrazia, una situazione in cui i ricchi del paese detengono il potere ed in particolare i mass media, utilizzati e strumentalizzati per seguire estenuanti ed infinite campagne politiche.

La Corea del Nord infatti si presenta come il paese in cui la libertà di stampa è ai minimi mondiali, all'ultimo posto in tutti gli studi riguardanti la libertà di pensiero e in cui andare contro il regime può portare a punizioni gravissime, addirittura alla morte. Tutto questo non fa che plasmare in modo distorto le menti della popolazione, costretta a vivere in stato di costante paura e dominio e sperimentando una sorta di ciò che Max Weber chiama autorità carismatica, ossia una visione del leader in chiave ciecamente positiva e dove egli è il solo designato a detenere il potere in quanto superiore per virtù e caratteristiche a chiunque altro. Tutto logico, se non fosse che Weber ci mostra come un'autorità carismatica debba necessariamente col tempo affrontare problemi di successione e stabilità, dovendo ricorrere ad una più moderna istituzionalizzazione (che lui chiama autorità legale) che ribalti profondamente la vena passionale e rivoluzionaria della precedente istituzione e si affermi come Stato razionale.

Molte domande vengono formulate e verranno poste nei mesi, forse anni a venire. Molti, soprattutto nordcoreani, cominciano già a chiedersi se questi passi verso la democrazia possano essere un primo approccio ad una nuova realtà, una realtà migliore per tutti ma anche, e soprattutto, per i tanti cittadini che da anni anelano ad uno Stato legale.