Sono bastate davvero poche ore a chiarire e ridimensionare il presunto raid razzista denunciato sabato scorso da Cecile Kyenge, ex ministro attualmente europarlamentare del PD: rincasando ha trovato i muri esterni della sua villetta di Castelfranco Emilia imbrattata di escrementi denunciando immediatamente l'accaduto. Al principio si è pensato ad un raid di stampo razzista, in considerazione della storia personale e delle battaglie condotte in questi anni dall'esponente politico di origine congolese.

Il partito Democratico, con una durissima nota ha prontamente condannato il gesto, così come il sindaco della cittadina in provincia di Modena dove risiede la Kyenge, che non ha esitato a denunciare il clima di odio che imperversa nella nostra società.

I muri esterni dell'abitazione dove l'esponente del Partito Democratico risiede insieme al marito e alle due figlie poco più che ventenni era imbrattato di sterco, ma nessuno poteva immaginare che le cause di questo gesto, seppur esecrabile, nulla c'entrassero con l'attività politica della padrona di casa.

La confessione di un vicino: ma quale razzismo? E' solo questione di inciviltà

Nella via dove risiede Cecile Kyenge da tempo è in corso una diatriba tra vicini di casa. Oggetto del contendere l'inciviltà di molti residenti che non raccolgono gli escrementi dei loro cani quando li portano a passeggio nel quartiere. E nel mirino pare ci siano anche i componenti della famiglia dell'esponente dei 'democrats'.

Un cronista di Modena today ha raccolto la testimonianza di un vicino, che ha voluto rimanere anonimo. Sostiene di essere lui il responsabile dell'imbrattamento sotto accusa. Racconta di essere stanco di vedere gli escrementi sulla strada e di aver raccolto dalla strada e 'lanciato' nel giardino i ricordini del cane della Kyenge.

Nel mirino, ascoltando anche altri vicini di casa, ci sarebbe il marito di Cecile Kyenge, accusato di non raccogliere mai i ricordini del proprio cane, incurante delle loro lamentele.

Non sarebbe stato quindi il razzismo, la motivazione dell'atto, ma un gesto, come sostiene il signore, dettato dall'esasperazione. Riconosce egli stesso di essere consapevole di aver commesso un errore, ma racconta di aver invitato più volte ai membri della famiglia dell'eurodeputata a tenere comportamenti corretti durante le passeggiate con il cane, senza ottenere risposta.