I familiari di M. G., 42enne di Cadoneghe (Padova), verranno risarciti dal Ministero della Salute. Lo ha deciso la Corte d'Appello di Venezia. La paziente, morta il 4 giugno del 2007 dopo tanti ricoveri ospedalieri, era affetta da talassemia e necessitava di trasfusioni di sangue. Dopo una delle tante trasfusioni, la donna aveva contratto l'epatite C. Una sacca proveniente dall'Europa dell'Est non era stata sottoposta a un controllo accurato. Adesso i magistrati della Corte d'Appello di Venezia hanno riconosciuto la responsabilità del Ministero, che dovrà sborsare ai parenti della paziente 700mila euro.

Malattia scoperta a 20 anni

Tra gli anni '70 e '80 le sacche di sangue arrivavano in Italia anche dall'estero, ma il Ministero, all'epoca, non aveva predisposto piani specifici per monitorare accuratamente gli emoderivati, e quindi evitare rischi. La paziente di Cadoneghe aveva 20 anni quando scoprì di essere malata di epatite C, malattia che le costò la vita. Vicini alla donna, fino alla fine, il marito, la sorella e la madre. Il decesso fu dovuto a un cancro al fegato.

Dopo innumerevoli udienze e battaglie giudiziarie, i familiari della paziente, assistiti dagli avvocati Luigi De Lucchi e Glauco Susa, sono riusciti ad ottenere un risarcimento di quasi 700mila euro dal Ministero della Salute.

Quest'ultimo aveva impugnato la sentenza di primo grado (che già lo aveva condannato) nella speranza di una decisione opposta dei giudici d'Appello. La Corte d'Appello di Venezia, invece, ha confermato il verdetto emesso in primo grado. Il prossimo 4 giugno 2018 saranno 11 anni dal decesso della paziente. In tutti questi anni i familiari hanno reclamato giustizia.

A meno che il Ministero non voglia ricorrere in Cassazione, la Corte d'Appello di Venezia ha messo la parola fine a questa lunga e tragica vicenda.

Fegato dilaniato dall'epatite C

Il Ministero della Salute, in aula, aveva sempre contestato il nesso di causalità tra la sacca di sangue infetta e la patologia che aveva ucciso la paziente di Cadoneghe.

Un consulente tecnico, però, aveva dimostrato che il fegato della signora era stato devastato proprio dall'epatite C, responsabile della produzione di cellule malate. Il cancro al fegato è difficile dal curare e il paziente, se è debole come la donna veneta, non può sottoporsi alle terapie. Quelle sacche di sangue provenienti dall'Est e non controllate a dovere, tra gli anni '70 e '80, hanno condannato a morte molte persone.