Addio a Rebecca Braglia, la diciottenne rugbista reggiana dell'Amatori Parma che domenica scorsa aveva riportato un trauma cranico dopo un placcaggio. Operazione, giorni in rianimazione: tutto inutile, tra il dolore generale.
Il Terzo Tempo stavolta le servirà solo per prendersi l'ultimo saluto e le tante lacrime di chi l'ha conosciuta, stimata e amata. Rebecca Braglia ha perso la partita, la più importante, quella con la vita. Diciotto anni e un grande amore sportivo: il rubgy, la disciplina che mette assieme forza e realtà, prestanza fisica e cuore grande.
Domenica scorsa, la ragazza di Reggio Emilia è scesa in campo per l'ultima voglia, con la maglia della squadra, l'Amatori Parma, in trasferta a Ravenna. Che cos'è un placcaggio? È un'azione volta a impedire l'avanzamento dell'avversario che in quel momento possiede la sfera ovale. Quelli che trattengono il possessore di sfera trascinandolo a terra, vengono detto placcatori, chi subisce l'azione in questione è il placcato.
Domenica è toccato a Rebecca subirlo. Le conseguenze della caduta a terra però sono state nefaste: è interessata al colpo la nuca, trauma cranico, ricovero ed intervento immediato all'ospedale "Bufalini" di Cesena, poi la lunga attesa in Rianimazione, lei con gli occhi chiusi e fuori parenti e amici ad aspettare che li riaprisse.
Quegli occhi, da ragazza che aveva ancora tanto da vivere e da vedere, non si sono aperti più. Rebecca è morta nelle scorse ore, lasciando tutti nel dolore, nello sgomento e nei tanti interrogativi per una morte assurda.
Gli interrogativi e le polemiche
Il rugby sotto accusa? È raro che accada un evento luttuoso sui campi di tale disciplina sportiva, le statistiche confermano se paragonate, ad esempio, alle morti che avvengono su un campo di calcio, su un parquet di pallacanestro oppure su un ring di boxe.
Il rugby, disciplina sportiva dove il contatto fisico è all'ordine dei minuti prima ancora che del giorno, raramente si tinge di nero. Ma stavolta è successo. Secondo gli esperti, il trauma cranico riportato da Rebecca cadendo a terra proprio con la nuca poteva appartenere a qualunque scena di vita normale caratterizzata da un evento fortuito negativo, una disgrazia, una fatale coincidenza.
C'è chi invoca, in ogni caso, forme di protezione che pur conservando l'essenza e la radice di uno sport antico e nobile come il rugby riescano a garantire l'incolumità fisica di coloro che scendono in campo. Intanto Rebecca non c'è più. L'ultima meta, quella dei sogni adolescenziali, l'ha segnata prima di domenica. Oppure l'ha solo sognata.