Verso la verità, sia pure a piccoli passi. Prosegue il processo contro cinque carabinieri, alcuni dei quali accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta all’ospedale Pertini di Roma il 22 ottobre 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti. Una parte degli imputati deve rispondere per il falso nella compilazione del verbale di arresto, e di calunnia verso quegli agenti di polizia penitenziaria che sono stati scagionati nel primo processo dall’accusa di aver picchiato il giovane, fino a causarne il decesso.

Proprio la testimonianza di un altro carabiniere, Gabriele Aristodemo, all’epoca dei fatti in servizio alla caserma Appia, ha fatto emergere come anche un secondo verbale, quello della perquisizione in casa di Cucchi, sarebbe stato contraffatto.

Le anomalie nei verbali

Il militare, interrogato in Corte d’Assise dal pubblico ministero Giovanni Musarò, pur tra tanti “non ricordo” e “non so”, ha modificato alcune sue precedenti dichiarazioni, come quella sui verbali d’arresto e di perquisizione, dove manca la firma di Cucchi. Se tre anni fa Aristodemo, aveva confermato che il giovane si era rifiutato di firmare il documento, ora ha dichiarato in aula che è normale che manchi la firma, essendo quello un atto interno.

Ma non solo: se nell’udienza del primo processo il carabiniere aveva sostenuto che l'arrestato arrivò in caserma senza alcun segno sul volto, nella nuova deposizione ha ammesso che “era rosso sotto gli occhi”. Inoltre il testimone ha confermato la presenza al momento del fermo di due colleghi, sospettati di aver anche loro colpito Cucchi: circostanza che non risulta nella relazione di servizio compilata dai carabinieri alcuni giorni dopo la morte.

Una versione concordata sulla perquisizione

Insomma, nonostante le molte reticenze, anche da questa testimonianza è emerso come le relazioni e i verbali redatti all’epoca conterrebbero numerose imprecisioni e falsità, che secondo l’ipotesi dell’accusa sarebbero state inserite appositamente per coprire i veri autori del pestaggio che ha causato il decesso di Cucchi.

Come detto, anche il verbale della perquisizione in casa dei genitori del giovane non sarebbe sfuggito a questa macchinazione. In più dalle intercettazioni emergerebbe come i carabinieri abbiano cercato di concordare una versione comune da fornire alle autorità, che potesse in qualche modo scagionarli. Infatti, durante una telefonata con Aristodemo, Raffaele D'Alessandro, uno dei militari a processo, aveva “ricordato” al collega un particolare: le testate che Cucchi avrebbe dato contro il muro mentre le forze dell’ordine erano in casa sua, tanto da dover essere ammanettato per farlo calmare. Ma il testimone ha sostenuto di essere stato presente in quei momenti e di come il giovane fosse tranquillamente seduto sul divano durante le operazioni.