La donna era troppo mascolina, per cui non crediamo che i due uomini l'abbiano stuprata veramente. È più facile che si sia inventata tutto. Questa, in sintesi, la motivazione di un'assoluzione dalla gravissima accusa con la quale due giovani sono stati assolti in Appello dopo che in primo grado erano stati condannati a cinque e tre anni per violenza sessuale.

A fare ancora più scalpore il fatto che questa sentenza della Corte di Appello del Tribunale di Ancona sia stata firmata da tre giudici tutti di sesso femminile. Questa discussa sentenza ha trovato una ribalta nazionale solo da poche ore, a seguito della decisione della Cassazione di annullare il verdetto avvenuta nella serata di sabato scorso.

La Cassazione ha evidenziato alcune incongruenze e parecchi vizi di legittimità

La Corte di cassazione ha accolto la richiesta del procuratore generale di annullare la sentenza e sancito che il processo di appello dovrà essere rifatto. ma cosa è accaduto per creare questo conflitto tra magistrati? Tutto risale da una vicenda accaduta nel marzo del 2015.

Una ragazza 22enne di origine peruviana denuncia due compagni della scuola serale che frequenta. Avrebbero trascorso la serata insieme ad altri amici, poi i due l'avrebbero abusata. Mentre uno dei due faceva da palo, l'altro l'avrebbe violentata sessualmente ripetutamente.

Per i giudici di Appello i due ragazzi non l'avrebbero stuprata perchè la vittima è troppo mascolina

Se in primo grado, come abbiamo visto, i due compagni di scuola sono stati condannati severamente, la contestazione della Cassazione verte sulle motivazioni addotte in Appello dai tre giudici per motivare la loro assoluzione.

I magistrati hanno addotto che la donna avesse sembianze troppo mascoline per poter attrarre i due indagati.

Ha fatto specie che nella relazione che motiva la sentenza sia stata presa ad esempio la foto della giovane inserita nel fascicolo processuale. Inoltre, avrebbero accolto come indizio favorevole all'innocenza degli accusati il fatto che uno dei due avesse registrato il numero della vittima sul cellulare appellandola sulla rubrica con il termine "Vikingo".

In pratica la corte di Cassazione accusa chi ha deciso il verdetto di Appello di essersi lasciato influire sull'aspetto fisico invece di seguire in maniera circostanziata se quanto denunciato dalla ragazza fosse realmente accaduto o meno.