A bordo del suv che sabato scorso, poco dopo la mezzanotte, ha investito le due 16enni in corso Francia a Roma, nei pressi di Ponte Milvio, c’era Pietro Genovese, 20 anni, figlio del noto regista Paolo, che negli ultimi anni ha realizzato film di successo come “Immaturi” o “Perfetti Sconosciuti”. Sicuramente è lui la terza vittima di questa tragedia: subito dopo aver travolto Gaia e Camilla con la Renault Koleos, rimasta semidistrutta a causa dell’impatto, si è fermato sotto shock, piangendo disperato. Quindi ha aspettato sotto la pioggia l’arrivo del personale sanitario, che non ha potuto far altro che constatare il decesso delle due ragazze, della polizia locale e dei suoi genitori.

Ripeteva di continuo la stessa frase: “Non le ho viste, sono passato col semaforo verde”. In effetti, le testimonianze raccolte dagli agenti sembrano confermare questa versione: il giovane al verde è ripartito – dicono ad una velocità almeno doppia rispetto al consentito – ha sterzato sulla strada a scorrimento veloce per superare un’automobile che aveva rallentato e ha preso in pieno le due, sbalzandole in aria.

I risultati del test: Pietro aveva assunto alcol e droga

Ancora provato, Pietro Genovese è stato accompagnato al Policlinico Umberto I, per essere sottoposto ai test per verificare l’assunzione di alcol e sostanze stupefacenti. Poi, nel tardo pomeriggio, è stato interrogato dal pm Roberto Felici, ma ha scelto di non rispondere: “È un ragazzo distrutto” aveva spiegato l’avvocato Gianluca Tognozzi.

Successivamente però è arrivata la notizia degli esiti delle analisi: il 20enne è risultato positivo al consumo di droga e alcolici. Non si conoscono ancora i valori, che saranno definiti nelle prossime ore e che potranno ulteriormente peggiorare la situazione del ragazzo. Infatti il codice della strada è molto severo con i neopatentati come lui: se l’accusa di omicidio stradale dovesse essere confermata, secondo gli esperti, con le aggravanti potrebbe rischiare fino ai 18 anni di reclusione.

Una serata passata con gli amici, prima della tragedia

Secondo la ricostruzione degli inquirenti Pietro ha cenato in un locale a collina Fleming, per festeggiare il ritorno a Roma di un amico. Con i suoi conoscenti ha ascoltato della musica, bevuto qualcosa e, probabilmente, fatto uso di sostanze stupefacenti. Poi ha preso l’auto per raggiungere il Treebar, punto di ritrovo della movida romana al quartiere Flaminio: l’imprudenza di rimettersi al volante, dopo tutti questi eccessi, gli sarebbe costata cara.

Tuttavia la sorella Emma lo difende sui social, assicurando che Pietro non aveva fumato né bevuto, e che non era al telefono al momento dell’incidente; la ragazza punta il dito contro l’imprudenza delle due vittime, facendo riferimento all’attraversamento – al buio e sotto la pioggia battente – di una strada a scorrimento veloce, con ogni probabilità lontano dalle strisce pedonali. Il regista Paolo Genovese, invece ha reso noto un comunicato in cui parla di famiglia distrutta e di dolore “insopportabile” per Gaia e Camilla e per i loro genitori: “Ci porteremo dentro per sempre questa tragedia immensa” ha dichiarato. Di certo la vita del figlio Pietro – ragazzo amante della musica elettronica, con un passato di giocatore di rugby nell’Unione sportiva Primavera e con qualche segnalazione alle forze dell’ordine per uso di stupefacenti – resterà sconvolta da questo tragico evento.