Pietro Maso nel 2019 avrebbe beneficiato del reddito di cittadinanza, il sussidio che lo Stato dà ai cittadini indigenti. A svelarlo è stato il settimanale Oggi: è una notizia che fa discutere. Nel 1991 Maso fu artefice di uno degli episodi più cruenti della Cronaca Nera italiana: uccise i genitori a colpi di spranga. Da allora ha scontato la pena, ma è interdetto in perpetuo dai pubblici uffici.

Pietro Maso e la faccenda del sussidio

Il settimanale Oggi riferisce di aver appreso da fonte segretissima che Pietro Maso vivrebbe a Terni dove nel 2019 avrebbe ricevuto il sussidio che lo Stato riconosce a chi abbia entrate al di sotto dei 10 mila euro annui.

L'ex ragazzo di San Bonifacio, in provincia di Verona, ha scontato il suo debito con la giustizia dopo che nel 1991, con la complicità di alcuni amici, uccise i genitori, Antonio Maso e Mariarosa Tessari, nella casa di Montecchia di Crosara nel tentativo di appropriarsi della sua parte di eredità per fare la bella vita. All'epoca dei fatti, Maso aveva 20 anni, oggi ne ha 49. Condannato inizialmente a 30 anni, ne ha vissuti 22 da recluso, ed è uscito dal carcere nel 2015. Abuso di cocaina, debiti contratti e un delirio di onnipotenza denunciato dalle sorelle Nadia e Laura, avrebbero reso ancor più difficile l'avvio di una vita normale. Da qui, secondo il settimanale, la richiesta del reddito di cittadinanza presso il centro dell'impiego di Terni.

La legge prevede che non possano ricevere pensioni, assegni o stipendi dallo Stato, cittadini condannati per reati legati alla criminalità organizzata, al terrorismo o per truffa ai danni dell'Erario. Maso non rientra in nessuna di queste categorie, però, a causa della gravità del reato da lui commesso, è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici.

A confermarlo è Marco De Giorgio, il suo avvocato storico, secondo il quale probabilmente l'assegno è già stato sospeso. Il suo nome, però, sarebbe nell'elenco di chi a Terni l'anno scorso ha riscosso il sussidio che può arrivare fino a 780 euro al mese.

Pietro Maso, difficile tentativo di ricominciare

Pietro Maso, irrintracciabile, oggi farebbe il cameriere in un bar dell'Andalusia.

Con una condanna del genere sulle spalle, trovare lavoro non è facile. L'avvocato De Giorgio, che ha difeso Maso per anni, ha raccontato a Oggi che il suo ex assistito, una volta uscito dal carcere, si è trovato in difficoltà economiche. "Appena vedono come mi chiamo, mi chiudono la porta in faccia", aveva rivelato Maso al legale. De Giorgio gli aveva suggerito di cambiare cognome e di adottare quello della mamma, Tessari, ma la procedura è lunga e Maso non ha voluto seguirla.

Ulteriori fatti hanno aggravato una situazione già molto problematica: il ricovero, nel 2016, in una clinica psichiatrica per turbe mentali e dipendenza da cocaina. Nei mesi precedenti, la procura di Verona l'ha iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di tentata estorsione nei confronti delle sorelle che erano state messe sotto scorta.

Nel 2017 è stato assolto dal tribunale di Milano dall'accusa di avere minacciato gravemente le sorelle. Intercettato in una conversazione telefonica, aveva dichiarato di voler "finire il lavoro" iniziato nel 1991, riferendosi proprio alle sorelle. Secondo il giudice, tuttavia, Pietro Maso si sarebbe reso protagonista di questa uscita in un momento di alterazione mentale, ma non è stato considerato realmente pericoloso per le due donne.

Don Guido Todeschini, ex consigliere spirituale, ha riferito ad Oggi d'essere in contatto con Pietro, ma di non voler dire né dove si trovi né che cosa faccia ora che starebbe faticosamente cercando di ricominciare. Don Mazzi, invece, ha detto di non sentirlo da anni e che lui e Pietro non si sarebbero lasciati bene perché Maso non riusciva a disintossicarsi dalla cocaina.

Maso ha anche un'ex moglie, Stefania, sposata in chiesa nel 2010. I due si sono separati nel 2015. Stefania ha rivelato che Maso non abiterebbe più a Terni, l'ha descritto come un uomo umile che lavora e cerca di vivere tranquillo.

Reddito di cittadinanza, polemiche sui casi di due ex terroristi

Due ex terroristi che percepiscono il reddito di cittadinanza, sono stati nei mesi scorsi al centro di polemiche. Una è Federica Saraceni, ex brigatista rossa condannata a 21 anni per l'omicidio del giuslavorista Massimo D'Antona. Lo scorso settembre è emerso che, mentre stava finendo di scontare la pena ai domiciliari, percepiva un assegno mensile di 623 euro.

Un altro ex brigatista, Raimondo Etro, condannato nel 1999 a 20 anni e 6 mesi di carcere per la strage di via Fani, il rapimento di Aldo Moro e l'uccisione del giudice Palma, nei mesi scorsi aveva fatto richiesta per avere il reddito di cittadinanza. In quanto invalido civile, l'Inps aveva accettato la sua richiesta, poi revocata, ma sembrerebbe per una questione burocratica: non avrebbe comunicato una variazione di residenza.