Lorenzo Z., il bimbo di 5 anni morto per un tumore al cervello il 30 luglio 2014, sarebbe stato ucciso dalle emissioni velenose dell'ex stabilimento Ilva del quartiere Tamburi di Taranto. A sostenerlo è la Procura del capoluogo ionico che, al termine delle lunghe indagini sul caso di cronaca nera, ha provveduto ad iscrivere nel registro degli indagati 9 dirigenti del sito siderurgico gestito, dal 1995 al 2012, dal gruppo industriale Riva.

Indagati gli ex dirigenti Ilva

Nelle scorse ore i pm tarantini Mariano Buccoliero e Remo Epifani hanno notificato l'avviso di chiusura delle indagini a Luigi Capogrosso, ex direttore dell'Ilva di Taranto e ad altri 8 alti dirigenti.

Nello specifico, risultano indagati Marco Adelmi, Angelo Cavallo, Ivan Di Maggio, Salvatore D’Alò, Giancarlo Quaranta, Giovanni Valentino, Salvatore De Felice e Giuseppe Perrelli. Per tutti, l'accusa è di omicidio colposo.

Secondo i pm del Tribunale di Taranto, i manager sarebbero stati responsabili della morte del piccolo Lorenzo, detto Lollo in quanto avrebbero consentito, non adottando adeguate misure di sicurezza e prevenzione, la dispersione di sostanze e polveri nocive provenienti dalle lavorazioni siderurgiche delle aree ex Ilva denominate Agglomerato, Gestione Rottami Ferrosi, Acciaierie, Cokerie e Parchi Minerali.

La malattia del piccolo Lorenzo

I magistrati hanno ritenuto che le gravi omissioni, in materia di infortuni sul lavoro e di malattie professionali dei 9 dirigenti Ilva (un sito tra i più impattanti a livello ambientale e di emissioni), abbiano provocato un'importante patologia neurologica al piccolo Lorenzo, il quale avrebbe assunto le sostanze velenose durante lo stato fetale (la mamma all'epoca lavorava nel rione Tamburi) e, per questo, avrebbe sviluppato una malattia neoplastica che lo ha condotto alla morte.

I medici diagnosticarono il tumore tre mesi dopo la nascita e, poco dopo il bimbo divenne uno dei simboli della lotta all’inquinamento. Il 17 agosto del 2012, durante una manifestazione contro l'acciaieria, il padre Mauro, decise, infatti, di raccontare la sua storia salendo sul palco e mostrando una gigantografia del figlio in ospedale, intubato.

La famiglia di Lorenzo, assistita dall’avvocato Leonardo La Porta, in questi anni, è riuscita a confermare che il semplice abitare o lavorare a ridosso dell'area siderurgica, aumenterebbe il rischio di sviluppare un cancro. A sostegno della loro tesi, sono stati portati anche i risultati delle analisi effettuate su alcuni campioni organici prelevati al bambino.

I test, infatti, evidenziarono che nel cervello del piccolo vi erano "numerosi corpi estranei in ceramica e di natura metallica": in particolare, vennero rintracciati zinco, ferro, acciaio, silicio e, addirittura, alluminio.