In carcere dal 5 maggio per l'omicidio di Marco Vannini, i Ciontoli si starebbero lamentando del regime detentivo. In particolare, a soffrire la vita carceraria sarebbero Martina Ciontoli, all'epoca dei fatti fidanzata di Marco, e sua madre Maria Pezzillo. Le due donne dividono la stessa cella nel carcere romano di Rebibbia. A loro, oggi, 24 maggio, è arrivata, tramite tv, la risposta di Marina Conte, la mamma di Marco.

Martina Ciontoli: 'Voglio andare via di qui, è un'ingiustizia'

Un articolo pubblicato lo scorso venerdì sul quotidiano La Repubblica, descrive le condizioni di Martina Ciontoli in carcere.

Sarebbe molto dimagrita e alla psicologa del carcere porrebbe sempre la stessa domanda: "Quando usciamo?" Per poi ripere: "Voglio andare via da qui, è un’ingiustizia, non ho voluto la morte di Marco, come avrei potuto? Io gli volevo bene". Parole riferite anche all’avvocato delle due donne, Andrea Miroli, a colloquio con loro a Rebibbia nei giorni scorsi. Martina vorrebbe poter parlare con il fidanzato con cui sta da tre anni, sua madre, Maria Pezzillo, chiederebbe di telefonare alla sorella che abita a Caserta e al marito Antonio Ciontoli.

I Ciontoli non avrebbero accettato la sentenza della Cassazione che ha inflitto loro una condanna definitiva. Madre e figlia, come l'altro figlio Federico, devono scontare 9 anni e 4 mesi di reclusione per concorso semplice in omicidio volontario.

Il capofamiglia, Antonio Ciontoli che con il figlio Federico si trova a Regina Coeli, 14 anni. Antonio Ciontoli avrebbe chiesto il trasferimento a Civitavecchia. Il figlio Federico non vorrebbe dividere la cella con lui. I legali dei Ciontoli intendono appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il caso senza precedenti di un'intera famiglia in carcere, è destinato a fare giurisprudenza.

Ciò che accadde nella villetta dei Ciontoli a Ladispoli la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015, resta un mistero. Come si svolsero realmente i fatti e quale fu il movente del delitto, resteranno probabilmente segreti di famiglia dei Ciontoli. Ma c'è la verità processuale: nessuno di loro si attivò per soccorrere subito Marco Vannini raggiunto da un colpo di proiettile partito dall'arma di Antonio Ciontoli.

La sera del 6 maggio, quando la famiglia Ciontoli dopo il verdetto della Cassazione è andata a costituirsi presso la caserma dei carabinieri di Civitavecchia, Martina Ciontoli ha detto: “State mettendo le manette a una persona perbene mentre lasciate liberi i delinquenti". Sua madre, Maria Pezzillo, ha commentato: "Ci troveremo in un mondo sconosciuto, stiamo scontando una colpa in modo eccessivo. È quasi una vendetta". Nelle settimane precedenti il verdetto, padre e figlio hanno affidato ai social i loro pensieri. Federico Ciontoli aveva aperto una pagina Facebook per dedicarsi alla propria autodifesa e smontare presunte manipolazioni mediatiche contro di lui.

Marina Conte: 'Continuano a mentire'

"Ora Marco deve riposare in pace e anche noi dobbiamo elaborare questo lutto". A dirlo è stata Marina Conte, interpellata stamattina da Federica Panicucci, alla conduzione del programma Mattino Cinque. Marina ha precisato che in questi anni lei e il marito Valerio hanno dato battaglia perché venisse riconosciuto l'omicidio volontario per Ciontoli e il concorso in omicidio per il resto della famiglia, ma la pena giusta sarebbe stata, come aveva chiesto il pm, 21 anni per Ciontoli e 14 per gli altri. "Ci volevano i riflettori accesi su questa storia perché stava passando per un incidente domestico, e non era così", ha detto Marina per poi sottolineare che i Ciontoli "continuano a non assumersi responsabilità.

Io ho perso un figlio, chi paga è Marco che non c'è più, io e mio marito". Poi, in riferimento a Martina: "Marco era l'amore della sua vita, avevano progetti insieme, si volevano sposare, fare dei figli. Ma lei non vuole assumersi responsabilità perché di fondo è una ragazza viziata che ha sempre pensato che il papà potesse risolvere qualsiasi problema visto che lavorava nei servizi segreti".

Gnazi: 'Narrazione indecorosa'

Accanto a Marina, c'era l'avvocato della famiglia di Marco Vannini, Celestino Gnazi. "Quest'ultima narrazione dei Ciontoli di un processo ingiusto è semplicemente indecorosa", ha detto Gnazi ricordando che è stato fatto un processo giusto nei confronti di persone rimaste sempre a piede libero e che si sono difese in modo ampio.

"Il nostro sistema giudiziario ha concesso loro tutte le possibilità. Ci sono state plurime sentenze, due da parte della Cassazione". Gnazi ha precisato che non è mai interessata la quantificazione della pena, ritenuta dai più piuttosto lieve, ma il riconoscimento dell'omicidio volontario. "Se di ingiustizia si può parlare, è nei confronti dei genitori di Marco".