Il 1 giugno 2001, la 18enne Serena Mollicone sparì da Arce, il paese in provincia di Frosinone dove viveva. Era stata uccisa: due giorni dopo, fu trovato il suo corpo senza vita. Sono trascorsi 20 anni da quel delitto e l'unica certezza in una storia infinita è che non ci sono ancora colpevoli né una verità processuale. Guglielmo Mollicone, coraggioso e combattivo papà di Serena, ha sempre lottato per ottenere giustizia. In queste ore è stato ricordato anche lui, nell'anniversario della morte, avvenuta il 31 maggio del 2020.
Serena Mollicone, caso che attende ancora giustizia
Orfana di madre dall'età di sei anni, Serena Mollicone viveva con il papà. La mattina della scomparsa, uscì presto di casa per andare a fare una visita all'ospedale di Sora. Col passare delle ore, Guglielmo iniziò a preoccuparsi finché, nel pomeriggio, andò dai carabinieri a presentare denuncia di scomparsa. Dopo due giorni di ricerche, il tragico ritrovamento del corpo di Serena tra i rifiuti nel boschetto dell'Anitrella, a otto chilometri da casa. Aveva una busta di plastica in testa, mani e piedi legati con fascette. Serena era una ragazza seria e altruista, ben inserita nella realtà locale: tra i suoi impegni comunitari, suonava il clarinetto nella banda del paese.
Qualche settimana dopo la sua morte, avrebbe dovuto diplomarsi al liceo pedagogico Gioberti di Sora.
Travagliata la storia delle indagini tra false piste e depistaggi. Prima dell'inizio del nuovo processo, gli elementi eclatanti del caso erano stati due. Per cominciare, il processo a un innocente, un carrozziere di Arce, Carmine Belli, arrestato nel 2003, rinviato a giudizio con l'accusa di omicidio volontario, poi definitivamente assolto.
Il secondo: un suicidio sospetto, quello del carabiniere Santino Tuzi. Il 28 marzo 2008, il brigadiere svelò agli investigatori di aver visto Serena Mollicone entrare nella caserma dei carabinieri di Arce proprio il il giorno della sua scomparsa, ma di non averla vista uscire. Giorni dopo, il brigadiere fu trovato senza vita nella sua auto.
Nuovo processo, il legale: 'Attesa giustizia più lunga della vita di Serena'
La famiglia di Serena attende da 20 anni giustizia e verità. Nel 2017, il corpo di Serena è stato riesumato, sono iniziate nuove indagini, e nel 2019 sono state rinviate a giudizio cinque persone. Sul banco degli imputati è finita tutta la famiglia Mottola, il padre Franco, ex maresciallo dei carabinieri, all'epoca del delitto, comandante della stazione di Arce, la madre Annamaria, il figlio Marco. Con loro, alla sbarra, il maresciallo Vincenzo Quatrale: tutti imputati per concorso nell'omicidio della ragazza. Quatrale, è anche accusato di istigazione al suicidio di Santino Tuzi. L'appuntato Francesco Suprano, invece, deve rispondere di favoreggiamento.
Serena Mollicone avrebbe pagato con la vita la sua indole rigorosa. Avrebbe scoperto un traffico di droga che sarebbe stato gestito dal coetaneo Marco Mottola. La mattina del 1 giugno 2001, Serena sarebbe andata in caserma proprio per denunciare il figlio del maresciallo: due giorni prima, gli aveva annunciato che era intenzionata a farlo. All'interno della stazione dei carabinieri, la 18enne sarebbe stata malmenata. Per la violenza dell'aggressione subita, avrebbe sbattuto la testa contro una porta fino a perdere i sensi crollando a terra. A quel punto, la famiglia Mottola, forse pensando che fosse morta, avrebbe messo in atto strategie per liberarsi del suo corpo, abbandonandolo dove è stato trovato con l'intento di depistare le indagini.
Guglielmo Mollicone non ha fatto a tempo ad assistere alla prima udienza del processo che si è celebrata a porte chiuse nel Tribunale di Cassino, davanti alla Corte d'Assise il 19 marzo 2021, giorno della festa del papà. Le altre udienze si sono tenute in un'aula dell'università. Dario De Santis, legale della famiglia di Serena Mollicone, ha detto che i tempi di attesa della giustizia hanno ormai superato quelli della durata della vita della ragazza.
Celebrazioni, i familiari: 'Chi sa parli'
"Chi sa parli", è il grido dei familiari di Serena Mollicone, per rompere un muro di omertà ancora persistente, che sembra accomunare questo ad altri casi italiani di Cronaca Nera. Consuelo Mollicone, sorella di Serena, ha auspicato che chi è stato complice e ha mantenuto il silenzio in tutti questi anni, finalmente parli.
Lo zio, Antonio Mollicone, è certo che la verità sia una sola, che abbia cominciato a venire fuori, e inchioderà i responsabili.
Oggi a Serena Mollicone è stato intitolato l'auditorium della scuola Gioberti di Sora. Nella targa che è stata affissa è scritto: "Il tuo sacrificio, eterno scrigno di esemplare altruismo". Un'altra cerimonia si è tenuta nel bosco dove tu scoperto il corpo della ragazza.