Ritorna la tensione in Libia quando venerdì 1 luglio ,giorno festivo, un gruppo di manifestanti ha preso d'assalto la sede del Parlamento di Tobruk, vuoto al momento dell'attacco. Media locali riportano come il Parlamento fosse avvolto da dense colonne di fumo scaturite dall'incendio dei pneumatici, e di come un dimostrante abbia abbattuto con l'utilizzo di un bulldozer la cancellata facilitando l'ingresso dei rivoltosi che hanno dato via a saccheggi vari all'interno bruciando documenti e distruggendo parte dell'edificio. Causa delle proteste è da imputarsi al deterioramento delle condizioni di vita dovuto al carovita e alle continue interruzioni di energia elettrica che hanno afflitto il paese a seguito del blocco di diversi impianti petroliferi nel clima d'incertezza politica in cui la nazione è piombata da mesi che vede contrapposti due governi, uno con sede a Tripoli presieduto dal primo ministro Abdulhamid Dbeibah, e l'altro con sede nella città di Tobruk che ha espresso la propria fiducia al premier Fathi Bashagha.

Le proteste si sono allargate anche nella vicina città di Misurata, dove è immediata la richiesta di scioglimento dei due governi e di elezioni presidenziali e parlamentari nel paese che mettano fine al momento di stallo politico.

Il rinvio dell'elezioni e l'incertezza politica del paese

Il paese nordafricano è nuovamente sprofondato in un clima d'instabilità politica quando, a dicembre 2021 , a sole 48 ore dal voto, era stato annunciato il rinvio delle elezioni che avrebbero decretato un governo scelto e sostenuto democraticamente dal popolo. Ad oggi la nazione vede di fatto due schieramenti contrapposti, quello di Tripoli guidato dal Premier Adulhamid Dbeibah, nominato nel marzo 2021 a seguito degli accordi Onu di Ginevra per facilitare il processo di transizione verso la pace e verso le elezioni democratiche nel paese, e il governo rivale di Fathi Bashaga, ex ministro degli Interni con sede a Tobruk, sostenuto dall' ex generale dell'Esercito Nazionale Libico Khalifa Haftar e dal figlio minore di Gheddafi, Saif al Islam.

E a nulla sono valsi i colloqui tra il Presidente della Camera dei rappresentanti di Tripoli Aguila Saleh e il Presidente dell'Alto Consiglio di Stato di Tobruk Khaled el-Mechri avvenuti giovedì scorso che avrebbero dovuto definire le modalità di svolgimento delle elezioni nel paese.

Una nazione allo sbando: fazioni rivali e seconda guerra civile

A seguito della rivoluzione libica del 2011 che portò al rovesciamento e all'uccisione dello storico leader libico Mu'ammar Gheddafi, la Libia è entrata in un clima di violenze e limbo politico che dal 2014 ha sin da subito visto contrapposti due schieramenti dapprima rappresentati dal GNC "Nuovo Congresso Nazionale Generale", eletto nel 2012 dopo la morte di Gheddafi, con sede a Tripoli, e la Camera dei rappresentanti, con sede a Tobruk, risultato dell'offensiva chiamata operazione Dignità guidata dal generale Khalifa Haftar del 2014 .

Ad esasperare la situazione le contese per le riserve di petrolio e l'ingresso delle milizie, tra cui quelle dell'ISIS nella città di Derna e Sirte, la cui presenza è stata successivamente indebolita. Nel 2016 un nuovo governo, appoggiato dall'Onu e dall'occidente, ha sostanzialmente rimpiazzato il vecchio GNC, non venendo ugualmente riconosciuto da Haftar. A seguito degli accordi di cessate il fuoco dell'ottobre 2020 sembrava aprirsi uno spiraglio di luce per il futuro politico del paese e una transizione verso la pace, ma l'indecisione elettorale di questi mesi continua a mantenere questo stallo politico.