Dall’8 febbraio, nei Cinema italiani, I Primitivi, il nuovo film della Aardman Animations, studio di Animazione britannico famoso per capolavori in claymotion (la stop-motion fatta con statuette di plastilina), quali Galline in Fuga (2000), Wallace & Gromit (2005) e Shaun: vita da pecora (2015). Per la prima volta Nick Park, creatore della maggior parte dei lavori di questa casa di produzione, è solo alla regia (in precedenza aveva co-diretto alcuni delle loro opere più riuscite, e qualche cortometraggio trasmesso dalla BBC). Il risultato, però, è meno brillante del solito, nonostante gli oltre tre anni occorsi per realizzare la sceneggiatura, le 150 persone coinvolte nella produzione del film (di cui a volte fino a 33 animatori impegnati nello stesso momento), i 273 pupazzi in plastilina, creati da 23 differenti artisti in qualcosa come 30 mesi di lavoro, e i 50 milioni di dollari di budget spesi in totale.
La trama
Come ogni film ambientato nella Preistoria che si rispetti, I Primitivi incomincia con la consueta caduta del meteorite sugli ignari dinosauri allegramente intenti a combattere tra loro e sugli altrettanto ignari cavernicoli presenti, in barba alla verità storica (perlomeno, ad oggi accreditata) e alla possibilità di utilizzare la visione del film in modalità veloce-ripasso-della-lezione per i nostri bambini. Il meteorite, oltre a sbarazzarli degli ingombranti vicini, porta allo sparuto gruppo di uomini delle caverne un ulteriore, insperato dono: una roccia dalla forma straordinariamente simile a quella del pallone di calcio. Tentano prima di toccarla con le mani, ma brucia, allora usano i piedi, e in un men che non si dica ecco che imparano a giocare a football, il gioco “sacro” piombato dal cielo ed immortalato in seguito nelle loro pitture rupestri.
Salto nel tempo: ci ritroviamo con i discendenti di questa tribù, rimasti a vivere nella sorta di “isola felice” ricca di vegetazione creatasi nel cratere lasciato dal meteorite. Sono diventati un pacifico e strampalato gruppo di “cacciatori di conigli”, che ormai non ricorda più niente del proprio passato “calcistico”, al punto da non capire cosa simboleggino le figure sulla pietra raffiguranti i loro antenati intenti a giocare.
L’unico a cercare di farli un po’ cambiare è Dag, che con il suo fedele compagno, il cinghiale Grugno, tenta di convincere inutilmente il capo Barbo a darsi quantomeno alla caccia di animali più grandi e sostanziosi. Rimane inascoltato finché - continuando a farsi beffe della successione cronologica studiata a scuola – non appaiono i prepotenti uomini dell’Età del Bronzo che scacciano la comunità di Dag dalla loro valle isolata.
L’impavido Dag, dopo alcune peripezie, riesce a spronare la sua tribù a non arrendersi e a persuadere il perfido capo degli invasori, Lord Nooth, ad accettare la sfida ultima: una partita di calcio tra cavernicoli e campioni della Città di Bronzo (che pare, a dire il vero, una cittadella fortificata medievale). In palio, la restituzione della loro valle se vincono, i lavori forzati nella miniera, se perdono.
L’asso della manica di Dag sarà la presenza di una gentile ed atletica donzella della città degli avversari che, pur di giocare a calcio nella grande arena, accetta di allenare la squadra dei cavernicoli. Perché ok che quelli della Città di Bronzo sono più progrediti, ma non certo al punto da far partecipare alle partite anche le femmine, ci mancherebbe altro.
Ulteriore grande vantaggio della squadra di Dag, la sua filosofia: l’unione fa la forza e il calcio non è un gioco individuale, né per gente che vuole barare (come tenterà ripetutamente di fare l’avido Lord Nooth quando le cose si mettono al peggio). Spoiler Alert, sarà la buona morale a trionfare.
I lati positivi del film
L’animazione in cui è maestra la Aardman Animations vale sempre la pena. In questo caso, i fini estimatori potranno anche apprezzare il tocco di classe dell’aver lasciato qua e là impronte tattili evidenti sulle statuette di plastilina, giusto a sottolinearne l’aspetto “fatto a mano” (pur se integrato, nelle scene dell’arena/stadio di calcio, da una cospicua dose di CGI – “immagini generate al computer”, per i profani).
Alcune trovate umoristiche degne di nota, come il fantastico piccione-messaggeria vocale, che funziona da segreteria telefonica replicando perfettamente voce, tono utilizzato e parole pronunciate da chi invia il messaggio; o lo scarabeo-rasoio che usa (non a caso) il capo Barbo per radersi; o la moviola fatta con i burattini, e i commentatori che seguono la regina dentro il loro box-portantina trasportabile.
L’esilarante personaggio di Grugno, il cinghiale preistorico i cui versi animaleschi sono interpretati dallo stesso Nick Park: un vero e proprio mix tra Shaun la pecora e il cane Gromit. La scena più bella, quella del massaggio con sonatina d’arpa finale ad un inconsapevole e poi esterrefatto Lord Nooth.
I lati negativi
La trama, nonostante qualche buono spunto, non decolla e manca dell’originalità irriverente e surreale delle opere precedenti. Il tema dominante diventa il calcio e cannibalizza ogni altra possibile ispirazione, al punto che anche l’epoca storica, su cui tanto poteva giocarsi, risulta accessoria e sarebbe potuta benissimo essere una qualsiasi altra. Per quanto si possa comprendere, nell’anno dei Mondiali, la scelta dell’argomento, tutto sommato farlo diventare così predominante ha come conseguenza la sensazione che I Primitivi sia un’occasione sprecata.
Alcuni hanno visto nella tribù di Dag, rimasta isolata nella sua valle felice per un lungo periodo, che rinnega e poi dimentica la stessa invenzione del calcio a causa delle innumerevoli partite perse, un possibile riferimento – piuttosto criptico – alla lunga serie di sconfitte della nazionale inglese (i “50 anni di dolore” dopo la storica vittoria nell’allora coppa Rimet).
O, addirittura, una specie di parodia di Brexit, con Lord Nooth - che inganna e sfrutta la passione del popolo per accaparrarsi sempre più soldi - a rappresentare il bieco continente europeo.
Sinceramente, se così davvero fosse, sarebbero allusioni alquanto forzate, ben lontane dalle chiare citazioni in chiave caricaturale dei generi cinematografici presenti negli altri lavori di Park.
Bilancio totale
Divertente per i bambini, soprattutto se under 10 anni (alcuni tra loro, intervistati a fine film, hanno consigliato la visione ai loro coetanei, cogliendo però il punto centrale, “se piace loro il calcio” - senti audio). Meno entusiasmante per gli adulti, soprattutto se già conoscitori dei lavori meglio riusciti del team Aardman, che potrebbero rimanerne un po’ delusi.