Ci sono artisti che attraversano il tempo adattandosi alle mode, e altri che riescono a piegare il tempo stesso, portando il proprio linguaggio in epoche diverse senza perdere la propria identità, proprio come Max from Gabin.
Dopo una carriera che lo ha visto protagonista della scena internazionale con i Gabin, tra hit globali, numerose collaborazioni e colonne sonore per cinema e serie TV, Max Bottini torna oggi con un nuovo singolo, Banging Like a Dynamite, già disponibile dal 7 novembre. Un brano che ha un’identità ben decisa: groove, basso in primo piano, contaminazioni funk, soul e nu-disco che dialogano tra di loro.
Max Bottini e il passato con i Gabin: ‘Volevo dare un filo di prosecuzione’
In questa intervista Max Bottini ha spiegato a BlastingNews la genesi del nuovo singolo, l’incontro artistico con Armando Muro, il rapporto con il proprio passato musicale e lo sguardo rivolto ai prossimi passi.
Iniziamo partendo un po’ dall’inizio del tuo percorso. La tua storia musicale attraversa lounge, soul clubbing, jazz, collaborazioni internazionali, colonne sonore e successi globali con i GABIN. Quale filo rosso senti che abbia sempre guidato la tua evoluzione?
Forse proprio la mia storia, il mio background. Avendo iniziato da piccolissimo a suonare blues, jazz, c’è stata continuità. Mettere un’esperienza una sopra l'altra e arrivare ai giorni d’oggi.
Hai vissuto l’esperienza di un successo mondiale e, dopo un lungo viaggio, sei tornato in Italia per costruire un nuovo percorso. Come si convive con l’eredità di un progetto iconico come GABIN, mentre si prova a scrivere un capitolo nuovo senza rinnegare quello precedente?
Beh, è proprio per cogliere un po' l'eredità di quello che è stato quel progetto, l’enorme successo che ha avuto e che, in un certo senso, continua ad avere. Per esempio, c'è questo rapporto ormai privilegiato con Hollywood, con le nostre canzoni dei vecchi album sincronizzate su film importantissimi, Fantastici Quattro o serie TV, come Grey's Anatomy, Ugly Betty, oppure Netflix, con Umbrella Academy, fino all’ultimo film di qualche mese fa, Black Bag.
Per cui vista questa continuità di richieste da parte del cinema, insomma, per sincronizzare pezzi ho deciso di riprendere un po' il filo del discorso che si era interrotto qualche anno fa quando abbiamo deciso con il mio ex collega Filippo di scioglierci. Da qui viene anche la decisione di non usare il mio nome, ma di dare questo filo di prosecuzione ai Gabin.
Passiamo al presente, al nuovo singolo che nasce dal desiderio di “produrre la musica che avresti voluto ascoltare”. Qual è stata la scintilla che ti ha fatto capire che era arrivato il momento di buttare giù le tue idee?
In effetti, non ho mai smesso di scrivere e di produrre. Poi a un certo punto, certo, è venuta l'esigenza e la necessità più che altro di ricapitolare un po' tutto quanto e fare una “cernita” tra decine e decine di canzoni.
Per cui alla fine la scelta è caduta proprio sul gusto personale, sulla musica che mi piace ascoltare. È stato l'unico metro di giudizio, mi piace o non mi piace, senza pensare al mercato. Anche perché a un certo punto l'esigenza della mia carriera, della mia vita, vista anche la mia età, è diventata questa. Non posso fare altrimenti.
Come è stato collaborare con Armando Muro?
È stata veramente una grandissima scoperta e una “delusione” allo stesso tempo (ride, n.d.r.). L’ho conosciuto a un concerto di una mia amica, Diana Winter, una cantante bravissima italo-austriaca che mi ha invitato a un suo concerto. Ad un certo punto ha invitato questo suo amico sul palco e sono rimasto veramente estasiato dalla sua voce e l'ho contattato immediatamente.
Pochi giorni dopo abbiamo registrato la canzone. Peccato la delusione sia arrivata quando ho scoperto che era a Roma di passaggio perché fa il medico a Londra. Pensavo di aver finalmente trovato un cantante per eventuali altre collaborazioni. Gli ho fatto una proposta, fare la doppia carriera, ma lui per adesso vuole seguire la sua aspirazione, che è quella di fare il medico.
Il nuovo singolo tra radici e sperimentazione, con uno sguardo al futuro: ‘La mia direzione è proprio quella di non averla’
“Banging Like a Dynamite” unisce funky, acid jazz, soul e nu-disco: un mix che sembra guardare avanti senza dimenticare il passato. Come riesci, nel tuo lavoro, a tenere insieme due poli quasi opposti come le radici e la sperimentazione?
È una cosa che mi viene abbastanza naturale, tra l'altro lo prendo come un complimento. L’obiettivo era proprio quello di mantenere le mie radici, cercando di guardare un po' più al futuro. Ma questa è sempre stata un po’ anche la mia “croce”, specialmente con i partner discografici, il non avere una direzione precisa. Forse però a un certo punto ho capito che la mia direzione è proprio quella di non averla. Faccio quello che mi viene.
Il videoclip di “Banging Like a Dynamite” racconta una trasformazione, quasi una danza tra spaesamento e rinascita. In quale momento della tua carriera ti sei sentito come quella danzatrice: in bilico, ma pronto a farti trascinare dal ritmo giusto?
Tutta la mia vita (ride, n.d.r.).
Facevo qualche riflessione giorni fa, ho fatto una cena con amici di vecchia data che non vedevo da tanto tempo e ho realizzato che momenti di “certezza” sono stati veramente rari. Fa un po' parte del mio percorso: stare sempre un po' in bilico. Però va bene, perché, come si dice, la comfort zone non sempre produce grandi risultati.
Dopo anni negli Stati Uniti hai sviluppato un approccio molto narrativo alla composizione, quasi cinematografico. Quando inizi un nuovo brano, cosa viene prima: l’immagine, l’atmosfera o il suono?
Di solito mi vengono in mente dei motivetti. Io giro costantemente con il telefonino, prendo appunti, canticchio, fischietto, e di rado li vado a riascoltare. Di solito quello che resta in mente mi torna, è un po' diciamo accade per i jingle delle pubblicità.
E così mi succede per le canzoni, poi in effetti difficilmente mi siedo al pianoforte o con la chitarra per scrivere una canzone. Di solito mi siedo quando già so quello che devo fare. Il mio lavoro è abbastanza mentale, nella mia testa suonano già le canzoni che devo fare, poi l'unico gap che ho è che non canto. Quindi, cerco di immaginare il tipo di voce che mi piacerebbe avere per quella canzone e la vado a cercare.
Stai lavorando a un nuovo album e a un tour, un ritorno sul palco dopo molte esperienze dietro le quinte. Qual è il “nuovo mondo sonoro” che immagini per i prossimi anni? E cosa speri che il pubblico percepisca di questa tua fase artistica?
Innanzitutto, pubblicherò con un secondo singolo a metà gennaio e un nuovo album a marzo, poi ci saranno un po' di date.
Per il futuro mi aspetto di ascoltare tanta bella musica, perché di musica bella ce n'è in giro, anche se poi il mainstream in genere è concentrato solo su un certo tipo di musica. Spero che venga percepita l’onestà in quello che faccio. Faccio la musica che mi esce e che prima di tutto deve far stare bene a me, e questo è quanto, per cui spero che venga percepito questo.