La settimana che si è appena conclusa ha fatto segnare inattesi record negativi alla più grande Borsa Valori mondiale, wall street. Inevitabilmente, vi saranno dei contraccolpi anche sui mercati azionari del Vecchio Continente. Ma dato che l'economia è in moderata crescita, l'inflazione è - se non proprio sotto controllo - ancora estremamente bassa, e i tassi d'interesse, da una parte all'altra dell'Atlantico, ancora a livelli rasoterra. Gli addetti ai lavori e i piccoli risparmiatori in questo periodo si stanno chiedendo a cos'è dovuta questa repentina e inaspettata correzione.

Cerchiamo di fare chiarezza.

Le lontane origini della virata in negativo

Se si prende in considerazione l'ultimo anno, il 2017, e si analizza la crescita dei soli titoli azionari di Wall Street, considerata la sua grandezza rispetto a tutte le altre Borse mondiali, si può vedere come sia stato realizzato un guadagno netto del 25%. Di conseguenza, una fase di correzione avrebbe dovuto, quantomeno, essere messa in conto dagli operatori, e molto probabilmente è stato fatto. Anche se non era possibile prevedere né il quando né, soprattutto, il come. Nel giro di 48 ore, infatti, solo il Dow Jones e lo Standard & Poor's 500, i due maggiori indici americani, hanno perso, complessivamente, quasi il 10%.

Il vero motivo del sell off

Ma se è vero che bisognava attendersi un ritorno dell'orso sui mercati dopo un anno di dominio incontrastato del mercato toro, è anche vero che, paradossalmente, non è questo il motivo principale della correzione in atto. La vera ragione, secondo molti economisti ed esperti, risiederebbe nella crescita economica generalizzata di tutte le principali economie mondiali.

E se andiamo un po' più in profondità capiremo che, in effetti, si tratta di un falso paradosso.

I mercati azionari sono abituati a scontare nei prezzi gli avvenimenti futuri possibili o, comunque, anche solo probabili. Ecco, dunque, che un annuncio da parte della Federal Reserve (la banca centrale americana) di voler procedere nel corso del 2018 ad almeno tre rialzi dei tassi d'interesse, non promette nulla di buono per i mercati.

Infatti, questo vuol dire che molti investitori ridurranno le loro posizioni in azioni per acquistare obbligazioni, cosa che, come accaduto in questi giorni, farà calare i valori di Borsa. Oltre a ciò, nei giorni scorsi sono stati diffusi diversi dati macroeconomici che hanno contribuito notevolmente all'attuale ondata di vendite. In particolare, è stato diffuso il dato sulla crescita degli stipendi dei lavoratori americani. Questi sono aumentati molto più velocemente di quanto ci si aspettasse, alimentando nei mercati dei timori di ripresa dell'inflazione.

I timori sono motivati dal fatto che una ripresa dell'inflazione potrebbe indurre le banche centrali a ridurre più velocemente gli stimoli monetari finora messi in campo.

E, ad una più veloce crescita dell'inflazione, potrebbe, incredibilmente, contribuire anche la recente riforma fiscale del presidente Trump. A dimostrazione che quello che va bene per l'economia, spesso non va bene per i mercati.